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questo dispaccio il Re e il suo primo ministro, che era sempre il principe di Cassaro, decisero di far subito partire Alessandro Nunziante per Palermo, coll’incarico di persuadere il Lanza a prendere l’offensiva. Il Nunziante lo trovò, secondo riferì al suo ritorno, in uno stato di prostrazione; rifuggiva dall’offensiva; riteneva che non si dovesse sguarnire Palermo: qui egli voleva aspettare Garibaldi e sconfiggerlo, e nel caso che questo piano non riuscisse, ritirarsi su Messina. Lanza non mostrava maggior capacità militare del Castelcicala, anzi appariva in lui un minor ardimento e una prudenza che rasentava davvero la timidità. Il Nunziante non lo risparmiò punto, mentre Maniscalco si doleva che il luogotenente, col pretesto di non fornire al popolo di Palermo nuovi motivi di irritazione, avesse ordinata la chiusura di tutti i corpi di guardia, che egli aveva stabiliti per la polizia, nei quartieri più popolosi e facinorosi della città. Si disse pure che Lanza l’avesse fatto per aiutare la rivoluzione, e che, distribuendo le truppe per la difesa di Palermo, fortificasse la linea nord-ovest, lasciando indifesa la parte sud-est, dalla quale entrò Garibaldi. Lanza fu demolito appena dopo il suo arrivo, sia presso il Re, sia presso il governo di Napoli e di Palermo, che non credevano alle sue parole. Passò anche lui per traditore, ma fu semplicemente inetto. Paralizzato dall’ambiente, non ebbe un lampo d’audacia, anzi si trovò subito in disaccordo coi generali da lui dipendenti, e in primo luogo col Salzano, il quale aveva conservato i poteri ottenuti il 4 aprile, e corrispondeva direttamente col Re e col ministero. Surrogato il Salzano dal brigadiere Bartolo Marra, il Lanza non dette punto corso a quest’ordine, e Salzano restò, e restò anche il Marra, cui fu dato il comando degli avamposti a porta di Termini il giorno 26 maggio; e restarono quasi tutti i generali, la cui incapacità era fuori discussione. Il Re non perdonò mai a Filangieri la scelta del Lanza, e avendolo riveduto il 16 giugno, dopo che la perdita della Sicilia poteva considerarsi definitiva, non gli parlò delle cose dell’Isola, nè delle trattative con Napoleone per una mediazione. Solo gli disse, che aspettava di essere attaccato da Garibaldi sul continente, ma che contava combattere e difendersi a oltranza.1


  1. Archivio Filangieri.