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domenica successiva. E proprio sul più bello, quando tutte le truppe erano schierate, si rabbuiò il tempo dalla parte del monte Pellegrino, e un tremendo acquazzone impedi la continuazione della rivista. Le truppe ebbero ordine di tornare in tutta fretta ai quartieri. Ma le vie di Palermo erano torrenti, e la prima parte di via Toledo, quella che va da porta Felice sino a piazza Marina, chiamata Cassero morto, era divenuta un lago; i soldati ci guazzavano dentro, e i pantaloni bianchi dei soldati svizzeri facevano pietà. Il Lanza, capo dello stato maggiore, era a cavallo, in grande uniforme e decorazioni. Proprio innanzi al palazzo delle finanze, dov’è ora il Banco di Sicilia, il cavallo cadde e trascinò nell’acqua il cavaliere, che ne usci come un pulcino, perdendo alcune medaglie e il cappello piumato. L’ilarità non ebbe freno, e l’incidente, abbastanza disgraziato per un ufficiale superiore, tornò alla memoria dei palermitani, quando egli vi tornò come Alter Ego del Re e mise fuori un proclama dimesso, che parve quasi un atto di scusa e di sottommissione.
La sera del 16 ne fu dato l’annunzio al Castelcicala, che non se ne commosse, anzi firmò l’ultima relazione sullo stato dell’Isola, annunziando nuovi moti avvenuti a Catania, a Girgenti, a Noto e a Cefalù, e da temersi a Messina. Nulla sapeva ancora dello scontro di Calatafimi e relativa ritirata del Landi, che seppe la notte dal Ferro. Castelcicala partì la mattina del 17 e la consegna dell’ufficio, del palazzo, nonché delle vistose scuderie, delle quali il Lanza molto si compiacque, fu data dal Gallotti. Maniscalco, smesso ogni riguardo, mandò personalmente al Re la sera stessa del 10 maggio un memorandum allarmantissimo, che era quasi un atto di accusa contro Castelcicala, Vi si leggeva: “Peggiora lo spirito pubblico di Palermo; la fazione rivoluzionaria, divenuta potentissima, minaccia il massacro dei devoti della monarchia legittima; il terrore invade tutti; gl’impiegati disertano i loro posti; la voce del dovere non è più intesa; vi è una disgregazione sociale; tutti fuggono sui legni in rada per la tema di un generale eccidio, in caso di conflitto. Solo l’esercito conserva piena confidenza, ed è disposto ad ogni sacrifizio per l’onore della reale bandiera; fa d’uopo però di una mano intelligente e vigorosa per ben comandarlo e per rilevare il prestigio del governo quasi del tutto spento. E difatti, la manifesta inazione del luo-