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sco II da Napoli, e dopo aver difeso onoratamente e coraggiosamente nella notte del 10 agosto il Monarca, nelle acque di Castellamare di Stabia, e mandato a vuoto l’infelice disegno del Depretis, prodittatore a Palermo, di impadronirsi di quel legno, a suggerimento del Persano. Il fatto di Castellamare, che per poco non costò la vita all’Acton, segna una delle pagine più onorevoli della carriera di lui, e ne fu dal Re Francesco II rimunerato con la croce di cavaliere di San Ferdinando e del Merito.


Garibaldi aveva dato ordine a Crispi, a Castiglia, ad Andrea Rossi e a Pentasuglia di prender terra immediatamente, sia per disporre quanto occorreva allo sbarco, sia per impossessarsi del telegrafo elettrico, del municipio, delle carceri e della tesoreria. Castiglia e Andrea Rossi si recarono a bordo di tutt’i legni, ancorati nel porto, e imposero loro, a nome di Garibaldi, di mandare le rispettive imbarcazioni al Piemonte e al Lombardo, e l’ordine fu di buona voglia eseguito. Anche la paranza di Strazzera servi allo sbarco, il quale fu compiuto ordinatamente, in meno di due ore. Crispi, con pochi volontari, quasi tutti bergamaschi, corse al Municipio. In città non si vedeva nessuno, tranne qualche accattone e un frate domenicano, che, sventolando il fazzoletto, gridava: Viva l’Italia. Era di venerdì. Crispi convocò il sindaco e i decurioni; mise guardie alle carceri, perchè nessuno dei detenuti, profittando di quanto avveniva, potesse evadere; s’impadroni della cassa erariale con regolare verbale di consegna e proclamò il governo provvisorio in nome di Garibaldi.

Pentasuglia corse al telegrafo, e puntando un revolver sul petto dell’impiegato, s’impossessò della macchina. L’impiegato aveva già trasmessa a Palermo la notizia dello sbarco, con quei particolari che potè procurarsi. Il telegrafo elettrico era in diretta comunicazione col luogotenente, anzi la macchina dell’ufficio di Palermo stava proprio nel gabinetto del Galletti, il quale aveva alla sua immediazione un telegrafista di fiducia, chiamato De Palma, tuttora vivo. Furono chieste da Palermo maggiori notizie, e soprattutto se la città era tranquilla, al che il Pentasuglia rispose: Tranquillissima: i due vapori arrivati sono vapori nostri. La, contraddizione lampante con le prime notizie e l’osservazione fatta al Galletti dal De Palma, che era cambiata la mano del telegrafista, persuasero il primo che lo sbarco di Garibaldi era avvenuto e il telegrafo già passato in mano di lui.