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nemico e di non potersi fidare di nessuno; non aveva stato maggiore, ne servizio d’informazioni e d’esplorazioni; nò ancora sapeva il numero degli sbarcati. Di Garibaldi gli repugna scrivere il nome, e solo in una parte della sua corrispondenza parla dei garibaldesi. Più che a vincere, egli pensava a lasciarsi libera la ritirata su Palermo, così lontana e che, giova ricordarlo, era la sua base di operazione; forse s’illuse di mettere in fuga gli “sbarcati„ come diceva lui, al primo urto; ma dopo la coraggiosa e tenace resistenza di quelli, mutò consiglio e non pensò che alla ritirata. Ad un vecchio generale, pieno d’incertezze e di cautele, che seguiva in carrozza il suo esercito, mettete di fronte un duce come Garibaldi, e la giornata di Calatafimi, nella quale combattono da una parte mille uomini, male armati e con due soli vecchi cannoni, e dall’altra poco meno di quattromila con artiglierie, è troppo spiegata, senza bisogno d’inventar tradimenti e traditori.
Fin dal 18 aprile una parte della flotta era stata destinata in crociera sulle tre coste. Il governo aveva noleggiati quattro piroscafi della società Florio e due della società Napoletana; li aveva armati di buoni cannoni, e datone il comando a giovani ufficiali della marina da guerra. Tutta la flotta di crociera era formata da quattordici bastimenti e due rimorchiatori, e la costa più guardata era quella di occidente, da Capo San Vito a Mazzara, dove si temeva lo sbarco, con vigilanza speciale sulle Egadi. Vi erano destinate la fregata Partenone con sessanta cannoni; la corvetta Valoroso con dodici, entrambe a vela; la pirocorvetta Stromboli con sei, e il vapore Capri, già mercantile, comandato da Marino Caracciolo, con due cannoni. Al sud di Mazzara sino al Capo Passaro, incrociavano altri legni, tra i quali l’Archimede e l’Ercole. Della crociera occidentale aveva il comando il capitano di vascello Francesco Cossovich a bordo della Partenone, e comandante in secondo era quello stesso Eduardo d’Amico, che, sei anni dopo, fu capo delio stato maggiore di Persano a Lissa. Lo Stromboli era comandato da Guglielmo Acton, che vi prese imbarco fin dal 18 aprile. Egli aveva come sottotenente di vascello Cesare de Liguoro; e a bordo del Valoroso, comandato da Carlo Longo, c’era, collo stesso grado di sottotenente, Enrico Accinni. De Liguoro e Accinni, saliti ai più alti gradi della marina italiana, sono fra i pochi superstiti