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nel circondario di Trapani, ebbe l’ordine di marciare per Calatafimi e partì all’alba del 6 maggio. Ne aveva il comando Francesco Landi, da poco promosso generale. Contava circa settant’anni, aveva preso parte ai moti del 1820, a stento montava a cavallo e preferiva andare in carrozza. Se il comando non fosse stato a lui affidato, sarebbe toccato al Von Mechel, straniero, e questa considerazione fece si, che nel Consiglio di guerra convocato dal luogotenente e al quale intervenne pure il consigliere Galletti, fosse stato deciso di dare il comando di quella colonna al Landi, il quale, nonostante l’età, era in fama di buon militare. Aveva comandato per alcuni anni il sesto reggimento fanteria, Farnese.
Landi, partito nelle prime ore del giorno 6, ascoltò la messa a Monreale, perchè era domenica, e s’incamminò a piccole tappe per Oalatafimi. I fili e i pali telegrafici erano quasi dappertutto spezzati; le poste non funzionavano e le campagne invase da insorti e malviventi, che su per giù erano molte volte la stessa cosa. Landi procedeva con grandi cautele, non avendo ufficiali di stato maggiore, né servizio d’informazioni e d’ambulanza. Le corrispondenze doveva mandarle e riceverle con pedoni, per mezzo dei giudici regi e dei sottointendenti. Pare strano che, essendo Palermo la base di operazione della colonna di lui, ed essendo questa diretta a Calatafimi, cioè alla distanza di quarantaquattro miglia, circa ottanta chilometri, non si fosse provveduto, con tanta cavalleria, ad un servizio rapido e sicuro di informazioni tra quel corpo e il comando in capo. Landi arrivò la mattina del 12 ad Alcamo, dove fu ospite del cavalier Luigi Ferro, ricevitore generale della provincia di Trapani, persona assai facoltosa e molto amata dai suoi concittadini. Era borbonico convinto, benché avesse dato in moglie l’unica figliuola al barone di San Giuseppe, liberale ed intimo del barone Mokarta di Trapani, ch’era un Fardella. Il San Giuseppe tenne nascosto il Mokarta nei locali della ricevitoria, senza che il suocero potesse sospettarne nulla. I fratelli Santanna, nativi anch’essi di Alcamo, contavano tra i liberali della città, anzi il maggiore di essi, Stefano, che aveva titolo di barone, fu colui che condusse la prima squadra incontro a Garibaldi. Naturalmente tra il Ferro e i Santanna non vi era buon sangue, ma il Ferro non aveva paura, e volle rimanere in Alcamo, per meglio seguire le vicende di quei giorni. Sapendo che il Landi non poteva rimanere lungo tempo