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fuoco. Ristabilito l’ordine, il Senato di Messina votò il 17 aprile un indirizzo di fedeltà al Re, pregandolo di non voler chiamare responsabile tutta la città del fatto di pochissimi cattivi, ai quali stava a cuore l’appropriazione dell’altrui fortuna, e supplicandolo perchè facesse tornar tutto nell’ordinario stato, onde animare il commercio, e così nella circolazione dei valori, trovare maggior utile. Questo indirizzo, che portava le firme del sindaco Felice Silipigni e dei decurioni, principino di Mola, baronello La Corte, Luigi Benoit e Giuseppe Castelli, non fu giudicato abbastanza ortodosso, facendosi in esso qualche allusione poco benevola all’autorità militare, onde il sindaco venne destituito. E poiché il Senato messinese chiedeva lavori per aiutare la povera gente, il Re concesse un prestito di quattromila ducati, al quale atto di regia munificenza il Senato rispose il giorno 22 con un altro indirizzo più enfatico, di fedeltà e riconoscenza. Una modesta largizione di benefizii immediati, e la promessa di prossimi lavori pubblici furono abilmente sfruttate dal governo in quei giorni. A Messina venne infatti soppresso il doppio dazio di stallaggio sui depositi del porto franco, e condonate multe ai contribuenti di fondiaria. A Catania fu promessa una strada ferrata, di cui l’Isola non aveva neppure l’idea, un nuovo porto con scala franca, il tribunale di commercio, una cassa di sconto, e la promozione della sede vescovile a metropolitana, E poiché nell’anno innanzi era stata piuttosto scarsa la raccolta del grano, e piuttosto alti ne erano i prezzi, accresciuti, naturalmente, dalle continue agitazioni politiche, il Re concesse un prestito di dodicimila ducati alla città di Palermo, e alcune franchigie doganali. Tutti i comuni dell’Isola furono poi assoluti dal pagamento di un residuo della tassa sulle aperture, già abolita.


Ma a Napoli non si era tranquilli. Il Re mandava istruzioni quotidiane direttamente a Castelcicala, non solo di carattere militare, ma anche di carattere politico e amministrativo al doppio fine di combattere le bande, e di prevenire il temuto sbarco di Garibaldi. Il governo di Napoli, informato da qualche mese, ma imprecisamente dei disegni di lui, acquistò la certezza della sua venuta nel Regno, nei primi giorni di maggio, e mandava al luogotenente istruzioni e moniti anche severi, parendogli che il Castelcicala non si rendesse abba-