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truppa, il Varo della marina militare sarda, comandato da Ulisse Isola. Per mezzo del Lombardo, furono strette relazioni politiclie, ma il Varo, circondato sempre dalle imbarcazioni della polizia, fu costretto a partire al più presto. Curioso il fatto, che i marinai sardi, cui si offersero dei fichi d’India, pensarono di mangiarli colla buccia e le spine lacerarono loro la bocca.
La polizia faceva anche la guerra alle barbe, com’è noto. Il Lombardo ne portava allora una assai lunga, e non voleva tagliarla. Invitato al commissariato di polizia, vi trovò il barbiere pronto per raderlo, ma egli invocò la sua qualità di console estero. Il commissario restò perplesso, e lo mandò via, ma scrisse a Palermo, invocando istruzioni, e ci volle una nota del luogotenente per affermare l’intangibilità di quella barba consolare!
Tranne a Trapani e a Messina, non vi furono in tutta l’Isola che disordini lievi, repressi dappertutto con poca fatica. A Messina ci fu pure un vero tentativo di rivolta, sebbene sin dal 1° aprile ne fossero stati cacciati gli studenti, i quali, prima di partire, distribuirono a migliaia di copie questo proclama, redatto dal loro compagno Francesco Todaro, studente di terzo anno di medicina:
- Gli Studenti ai Messinesi.
Messinesi! — Giacohè l’amor di patria va registrato come a delitto capitale, e la parola libertà mette alla Genia Borbonica spavento come lo spettro d’Agesilao, noi perchè apostoli siamo espulsi da questa bella figlia dell’italico suolo.
Addio, fratelli, addio! Qualunque separazione i nostri cuori non si partiranno giammai dai vostri.
Fratelli, l’ora è sonata, il tricolorato vessillo, inalberato nell’alta Italia, non tarderà a sventolare sulle nostre mura. Al vostro appello le nostre braccia, i nostri petti son vostri.
Ritorneremo dalla campagna, come leoni dalla foresta: combatteremo, la patria sarà libera e noi prodi soldati.
Addio, fratelli, addio! Gridate con noi: Viva l’Italia.
1 disordini di Messina furono provocati in parte dall’insipienza dell’intendente Artale, il quale, accaduti i primi moti, propose per domarli la formazione di una guardia civica e lo stato d’assedio insieme! Egli non andava punto di accordo col maresciallo Russo, comandante della cittadella. Nei giorni 8, 9 e 10 aprile, i torbidi ebbero dolorose conseguenze di morti e feriti, onde bisognò richiamare l’intendente e proclamarvi davvero lo