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di tanti particolari, noti soltanto a chi, come il Riso, faceva parte della cospirazione. Il Camerata, è vero, non vi era estraneo coi suoi fratelli, ma vi ebbe una parte così secondaria, che senti il bisogno di accrescersela, per ottenere la nomina a senatore: nomina, che ebbe difatti nel 1865, quando finì di rappresentare il collegio di Serradifalco. E per quanto infine si voglia ritenere, che, anche dopo la morte del Riso, Casimiro Pisani, juniore, trapassato da meno di due anni, non avesse perdonato a Riso qualche sua leggerezza o vanità giovanile, non si può in nessun modo ammettere che egli asserisse il falso, quando affermava a tanti ed a me, ciò che ho riferito e che del resto risulta dal processo.
Questi Camerata Scovazzo erano originarli di Catania, ma dimoranti a Palermo: liberali tutti e tre e possidenti discreti. Rocco, autore della sostituzione del foglio, morì nel 1892 nella sua città natia; e i fratelli, morti anche loro, furono deputati: Lorenzo, di Acireale e Francesco, di Mistretta.
Con le fucilazioni, gli arresti, il disarmo e i consigli di guerra, la rivoluzione parve domata, ma lo spirito pubblico, soprattutto a Palermo, era in uno stato di tensione ed eccitazione incredibile. Si potrebbe affermare che tutta la città fosse divenuta una sola fucina di cospirazione. È caratteristico un rapporto, che in quei giorni Maniscalco mandava al ministero a Napoli: “È notevole, egli scriveva, che il mutamento, che va accentuandosi nella propaganda, che gl’istigatori di disordini vanno facendo; mentre pel passato si è parlato solamente di voler attentare all’attuale ordine di cose per cercar di conseguire la separazione dalle provincie napoletane, adesso si accenna a principii unitarii, a riunione con l’Italia superiore„.
Altri uomini sostituirono nella direzione del movimento quelli del 4 aprile. Ricordo il dottor Gaetano La Loggia, il quale era a conoscenza di quanto si preparava, ma non vi prese parte attiva, credendo intempestivo il movimento. Era uomo di molta autorità e fu, finche visse, direttore del manicomio di Palermo. Ricordo ancora l’avvocato Pietro Messineo, Pietro Naselli e Ignazio Federigo. L’opera di costoro, che fu brevissima, si limitava a pubblicare proclami eccitanti il popolo alla ribel-