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rivoluzione e tenersi pronti a costituire un governo provvisorio. La mattina del 7 aprile, con grande apparato di soldati e compagni d’arme, Maniscalco fece cingere d’assedio il palazzo Monteleone all’Olivella. I particolari dell’arresto, non privi d’interesse, furono narrati da Antonio Pignatelli in un suo opuscolo,1 dove è riferito pure il magnanimo atto di Corrado Niscemi, il quale, non essendo compreso fra gli arrestati, volle dividerne la sorte e rifiutò di separarsi dai compagni e fu arrestato con loro. Ammanettati fra i gendarmi, quei giovani animosi, traversando via Toledo a piedi, furono menati alle grandi prigioni. Chiusi nel compartimento cellulare, destinato ai reati politici, vennero sottoposti al trattamento più rigoroso, che poi fu mitigato, perchè troppo ne soffriva il padre Lanza, la cui salute malferma destava inquietudini. Nessuna comunicazione col mondo esterno, neppure fra cella e cella. Una notte furono svegliati dal carceriere, accompagnato dal capitano De Simone, che impose loro di seguirlo. Il carceriere faceva segni, come per avvertirli che sarebbero stati fucilati; invece furono condotti, con grande apparato di gendarmi al forte di Castellamare e consegnati a quel comandante, ch’era il colonnello Briganti, il quale non fu loro avaro di riguardi. Maniscalco voleva deferirli al Consiglio di guerra, ottenerne sentenza di morte per complicità necessaria e disfarsene senza tante lungaggini, ma nè Castelcicala, nè il governo di Napoli lo permisero, non essendo quei giovani asportatori, nè detentori di armi, ne essendo stati arrestati in azione. L’animoso avvocato marchese Maurigi parlò efficacemente a Castelcicala, e lo convinse dell’assoluta illegalità del procedimento voluto da Maniscalco. L’altissima posizione sociale di quei giovani fu quella veramente che li salvò; vennero deferiti ai tribunali ordinari, e non era peranco terminata l’istruttoria, quando Garibaldi entrò a Palermo.

Gabriele Cesarò, allora più noto col titolo di marchesino di Fiumedinisi fu arrestato il giorno 8 aprile, e il giorno 11, nelle ore pomeridiane, il padre Ottavio Lanza, a bordo d’un clypper americano, dove si era rifugiato dopo l’arresto dei suoi

  1. Fatti storici della rivoluzione del 1848 in Sicilia, raccolti dal Principe Antonio Pignatelli di Monteleone.— Napoli, Stab. tip. dell’Unione, 1878.