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cattedrale, dove il direttore andava con la famiglia a sentire la messa. E la domenica 27 ottobre del 1859 l’aggredì alle spalle, lo ferì di pugnale nei reni, e credendo di averlo finito, si perdette nel cortile di San Giovanni, anzi nei labirinti di quel cortile, davvero intricatissimi, onde all’usciere Oliva, che accompagnava il ferito, riusci impossibile dargli la caccia. L’assassino s’era attaccato al viso una barba finta, che ebbe cura di gettar via, appena compiuto il misfatto. Fosse allucinazione ottica del Maniscalco o stordimento, gli parve che il feritore fosse alto di statura, e la polizia arrestò tutti coloro, che, su tale contrassegno, potessero esser sospetti di aver compiuto il misfatto. Il Farinella, che invece era piccolo e sbarbato, venne tratto in arresto per sospetto, ma otto giorni dopo fu rimesso in libertà, nulla essendosi potuto provare sul conto di lui, benchè, come si disse, sottoposto a tortura. Maniscalco guarì peraltro in pochi giorni.

Dal dì dell’attentato Maniscalco perse addirittura i lumi; la polizia cominciò a mostrarsi più inesorabile con i supposti nemici del Re, anzi divenne, in alcuni casi, bestiale. Non aveva pace, perchè non riusciva a scoprire l’assassino e i mandanti. Riteneva che i liberali avessero armata la mano del sicario, ma mancavano le prove. Il De Sivo accusa come mandanti del delitto i giovani nobili, nè esita a farne i nomi, affermando di averli rilevati dalle “Memorie„ di Maniscalco. E nomina il principe di Sant’Elia, il principe Antonio Pignatelli, il barone Riso, il principe di San Cataldo, Casimiro Pisani juniore, Corrado Niscemi e il marchesino Rudinì. Ma ciò è falso: nessuno di costoro ebbe parte nell’assassinio, e i superstiti lo assicurano sulla loro parola d’onore, come ritengono che il Farinella abbia agito invece ad istigazione di qualcuno fra i membri più caldi del Comitato, e fanno il nome di taluno, morto da poco senatore del Regno. Quando il Governo borbonico finì in Sicilia, molti si fecero belli del fatto e ottennero da Garibaldi un sussidio pel Farinella. E fu vergogna. Non so quali prove avesse il Maniscalco per ritenere i giovani nobili mandanti dell’assassino; le sue memorie non furono mai pubblicate; i figli non le hanno; nessuno le ha vedute; e persona, che ebbe tutta la fiducia di lui, interrogata, mi rispose: “mi risulta quasi in modo assoluto che Maniscalco non scrisse mai le sue memorie, anzi non ne mostrò mai il più lontano pensiero„.