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va persuaso il Comitato che sarebbe stato agevole tentare un moto insurrezionale il giorno 9 ottobre, con questo piano. All’alba di quel giorno, una squadra, dopo aver inalberata in Bagheria la bandiera tricolore, e disarmata la poca forza pubblica, raccogliendo via via altri uomini armati a Misilmeri e a Villabate, sarebbe scesa a Palermo; ed allora, al rumore di alcune fucilate verso la porta Sant’Antonino, i cospiratori della città sarebbero corsi alle armi, e con l’aiuto delle bombe e delle squadre, avrebbero attac- cata la truppa, e la rivoluzione si sarebbe compiuta. Giuseppe Campo, giovane di grande coraggio, ma non di pari esperienza, aveva fatto assegnamento sulle spavalderie di un suo castaido, tal Gandolfo, il quale gli aveva dato ad intendere di poter disporre di tutti gli uomini d’azione di Bagheria e vicinanze, i quali ad un cenno si sarebbero raccolti sotto la sua direzione. Ma invece intorno al Campo, la sera del giorno 8 ottobre, non si trovarono che cinque o sei uomini armati. La mattina del 9, il Comitato di Palermo, non avendo alcuna notizia da Bagheria, inviò colà Giambattista Marinuzzi, il quale, tornato ad ora tarda, riferi che il Campo, per deficenza di uomini, non aveva potuto mantenere la promessa; ma l’avrebbe mantenuta il di seguente. E difatti nella notte tra il 10 e l’11, il Campo, con un pugno di uomini, guidato da un certo D’Alessandro, irruppe prima in Santa Flavia, dove assalì la guardia urbana, poi in Porticello, dove assalì e disarmò la caserma doganale, ed in ultimo in Villabate, dove invase il posto della guardia urbana e la casa del suo capo, certo Salmeri. Ma fu lì che, raggiunti da un manipolo di soldati e di compagni d’arme, gl’insorti furono sgominati dal numero prevalente della forza, ed il Campo trovò rifugio in casa Federigo, ai Ciaculli. Imbarcatosi poi per Genova, scese co’ Mille a Marsala, dove ebbe compagni i fratelli Achille e Francesco, de’ quali il primo avea già fatto parte della spedizione di Calabria nel 1848, e salì poi nell’esercito nazionale al grado di colonnello; e l’altro, che già serviva nello esercito sardo, pervenne nell’italiano all’alto grado di tenente generale. Un terzo fratello, compiuta che fu l’impresa di Garibaldi, si arrolò anch’egli nella cavalleria italiana, ma non vi durò a lungo. Alla generosità dell’animo furon pari nei fratelli Campo la integrità del carattere, il valore e la intrepidezza; e larga quanto meritata la stima in cui eran tenuti dai loro concittadini.