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compì, raccogliendo, per iniziativa principalmente di Corrado Valguarnera duca dell’Arenella, figlio giovanissimo del principe di Niscemi, oggi senatore del Regno, soccorsi per i feriti della guerra dell’indipendenza; e la prima dimostrazione fu fatta per la vittoria di Solferino, illuminando, la sera del 26 giugno, i clubs della città. Si tentò anzi dai giovani più animosi di far illuminare tutta la città; ma, oltreché per i clubs, non vi si riuscì che per poche case di piazza Marina e di piazza Bologni. I clubs di Palermo sono, giova ricordarlo, a pianterreno. Al club dell’Unione, in piazza Bologni, detto della Pagliarola o delle sette finestre, uno dei più antichi della città, preseduto dal vecchio marchese Ugo delle Favare, borbonico schiettissimo, i giovani socii Francesco Vassallo e Francesco Brancaccio di Carpino, di loro testa ordinarono al maestro di casa l’illuminazione, e poiché non vi erano candelieri pronti, fu adoperato un lampadario. Il marchese Ugo, temendo qualche molestia dalla polizia, si risolvette di tornare a casa; e restarono nel club pochi soci, tra i quali il Brancaccio, il Vassallo e il barone di Rosabia, un vecchio dalla lunga barba bianca, il quale, seduto fuori, pareva si volesse godere lo strano spettacolo. Venivano difatti rumori confusi giù dalla Marina; ai quali seguì l’avanzarsi di una gran folla, con Maniscalco alla testa. Si seppe che il direttore della polizia, circondato da molta sbirraglia, aveva lui stesso con uno scudiscio mandati in pezzi i lumi dei primi clubs. Giunto che fu innanzi a quello dell’Unione, chiese chi avesse dato l’ordine di illuminarlo, e nessuno rispose. Brancaccio e Vassallo si perdettero nella folla; il barone di Rosabia non si mosse, ma un servo del club rivelò che l’ordine era stato dato appunto dai primi due. Il Maniscalco, allora, mandò in pezzi egli stesso l’innocente lampadario, e ordinò l’arresto di Brancaccio e di Vassallo, che riuscirono a mettersi in salvo. L’atto compiuto personalmente da Maniscalco urtò il sentimento pubblico e riaccese più forti gli odii contro di lui.


Si sentiva il bisogno di costituire un primo e vero Comitato direttore del movimento liberale, perchè direzione non vi era. Ne fecero parte da principio l’ingegnere Tommaso Lo Cascio, Salvatore Cappello, Salvatore Buccheri, Emanuele Faja, i fratelli Di Benedetto, Domenico Cortegiani, Andrea Rammacca,