Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/155


— 147 —

E, quindici giorni dopo, in data del 20: “L’insurrezione è vinta dappertutto, ed ora non resta che consolidare l’ordine che fu, ove più ove meno scosso. La vostra provincia è stata ammirevole; siane lode alla vostra operosità„.1


Della vita sociale di Messina ho avuto occasione di parlare, narrando l’ultimo viaggio di Ferdinando II, nel 1862. Messina grazie al porto franco e agli altri privilegi di cui godeva, gareggiava con Palermo nello splendore di quella vita, e per alcuni riguardi la superava. Città soprattutto mercantile e signora dello stretto, grande e storica via fra l’Oriente e l’Occidente, il suo ceto più influente e operoso era quello dei commercianti e dei banchieri. Benchè desolata prima dal bombardamento del 1848 e poi dal colera del 1854, che vi fece strage, non perdette mai il suo aspetto di città gaia e ospitale. Fra le più belle signore del tempo erano la Giulia Grill Clausen, figlia del console danese Clausen e moglie di Paolo Grill, negoziante ricchissimo, rappresentante la ditta Valser; la signora Di Cola, la maggioressa Piccirilli, e fra le più belle signorine, le Parlato e le Fischer. Principe fra gli avvocati, Vincenzo Picardi, padre di Silvestro, oggi deputato di Messina.

Messina, non centro di studii, benchè avesse un’Università, era di tutte le città dell’Isola la meno isolana. La sua vicinanza al continente, le antiche e non mai interrotte relazioni sue con Napoli, dettero sempre a Messina una fisonomia propria, dissimile soprattutto da quella della rivale Catania, stretta dall’Etna e dal mare. Le colonie di commercianti stranieri, soprattutto tedeschi, congiunsero Messina ai più lontani paesi e le dettero consuetudini e gusti cosmopoliti, ingentilendone i costumi e le idee. In quegli anni i suoi commerci fiorirono e il porto franco fu una miniera d’oro. Se parecchi messinesi ebbero in ogni tempo l’amore della libertà e dell’indipendenza, questo era per i più un amore piuttosto platonico; il popolo non odiava i Borboni e ne die una prova nell’ultimo viaggio di Ferdinando II. Popolo inclinato anch’esso all’iperbole, la sua fede religiosa aveva bisogno di manifestarsi con pompe straordinarie e quasi inverosimili. So i pregiudizi per la jettatura erano pari a quelli di Napoli, la divo-

  1. Archivio Panebianco.