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questo curioso e arguto bisticcio: Quello che non rose il tempo, e non rosero i sorci, Achille .... rosica! Egli era stato intendente di Basilicata, vi aveva fatto mite governo e salvata parecchia gente dopo l’impresa di Sapri. Ajossa, non sapendo una parola di francese, prese con sè un interprete, certo De Lauzières, fratello del noto giornalista. Francescantonio Casella era stato fra gli intimi di Carlo Troja sino agli ultimi giorni, anzi ne diresse il modesto mortorio. Suo primo atto, andando al governo, fa il decreto, col quale veniva condonato il rimanente della pena ai condannati politici per i fatti del 1848 e 1849, e poi l’altro per il rimpatrio di alcuni liberali, che erano a domicilio forzoso, e finalmente quello assai più significante, in data 16 giugno, col quale erano abolite le liste degli attendibili. Se ne può immaginare l’impressione! Casella e Filangieri furono fatti segno di grandi dimostrazioni di simpatia da parte dei liberali, mentre i vecchi elementi di Corte non ebbero più freno nelle loro malignazioni e sospetti, battezzando il Filangieri, il Casella e il Rosica per traditori, che portavano in rovina lo Stato e la dinastia. Solo fidavano nell’Ajossa, il quale in quei primi giorni non aveva voce in capitolo.

L’avvento di Francesco II al trono non fu, nei primi tempi, salutato con feste e tripudii. Il lutto ufficiale lo impediva: lutto così rigoroso, che solo dopo i due primi mesi, si permise alle signore della Corte di portare ornamenti di diamanti e perle, ma espressamente erano loro vietate le pietre preziose di colore. E ci fu anche il lutto consigliato dalla paura, la quale mosse tanta gente a vestirsi suo malgrado di nero; anzi, in quei primi mesi di estate, furono addirittura aboliti i gilets bianchi. Quelli che li portavano, erano tenuti d’occhio dalla polizia, ammoniti o addirittura minacciati.

È inutile riferire i particolari sull’esposizione e la tumulazione della salma di Ferdinando II: si leggono nel Giornale Ufficiale, insolitamente loquace in quei giorni. Il cadavere, compiuta l’imbalsamazione, fu vestito colla divisa di capitano generale dell’esercito e collocato in una cassa aperta; fu poi disceso, la mattina del 28, per una scala segreta e collocato in un carro militare, che usci dal portone a sinistra della Reggia. Da Caserta a Napoli il trasporto si compì per ferrovia, senza pompa. Nella Reggia di Napoli restò esposto negli ultimi tre giorni di