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A te però dinanzi or li vegg’io
Levati udirti, ed agitati e scossi
Veder per te, dirsi per te beati.

In te chi parla, se non parla un Dio?
Non son costor per te tanto commossi?
Il son color d’alto sentir dotati?


Le opere di musica erano a preferenza belliniane, in omaggio al grande maestro, la cui memoria esaltava ed esalta i catanesi, ma non fu prima del 1860, che Catania costruì un grandioso teatro, intitolandolo al sommo maestro e concittadino, al quale innalzò pure un monumento e ne trasportò le ceneri da Parigi.

Catania aveva, oltre ai suoi giornali, una specialità significante: un negozio di libri, con gabinetto di lettura, fondati l’uno e l’altro dal toscano Ettore Fanoi, il quale trasformò la libreria, come il Viessieux, in gabinetto di lettura, proprio nel centro della città, sotto la casa Vasta. Dei giornali, va ricordato il Giornale di Catania, che si occupava di politica estera, con gazzettino commerciale, rivista dei mercati, movimento del porto e teatri. Va anche ricordata la piccola rivista del gabinetto Gioenico, organo della celebre e antica accademia. Fondata nel 1834, visse fino al 1865, conservando lo stesso formato in ottavo, con copertina gialla e il motto: Prudens magis quam loquax. Era un giornale strettamente scientifico. Si pubblicava inoltre il Giornale dell’Intendenza, ufficiale per gli atti di ciascuna provincia, che veniva fuori a fascicoli ed era stampato in quello stabilimento del regio Ospizio, diretto da Crescenzo Galatola, il quale se non può proprio dirsi il fondatore dell’arte tipografica in Catania, che aveva da qualche secolo buone tipografie, ne è il maggior benemerito.

I clubs servivano anche da caffè, e in via Stersicorea, ai Quattro Cantoni, era quello dei nobili, col Caffè di Parigi, che bruciò nel 1862, e i Caffè Sicilia e Tricomi, tuttora esistenti, nonché il Casino della Borsa, dove conveniva l’alta borghesia e si davano memorabili feste da ballo. La vita sociale era animatissima, e in carnevale assai si gareggiava in maschere e balli. La casa, che raccoglieva la società più eletta, era quella del principe di Biscari, gran signore, munificente e stravagante. Vi convenivano quanti uomini illustri visitava-