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addobbi scenici, il Pirata del Bellini, con la Sutton. Quel teatro, dotato dal comune con 1600 ducati, rimaneva aperto quattro mesi dell’anno e ne era ordinariamente impresario don Cesare Tornabene, un elegante signore, il quale aveva pure un magazzino di vestiari. Il Pirata destò fanatismo. Diresse l’orchestra il maestro Rosario Spedalieri, e scenografo fu Carmelo de Stefano. L’anno innanzi era stata rappresentata la Straniera, con la Prati, col Bettazzi tenore, col Bandi baritono e vi ebbe ottimo successo. Dei trattenimenti, che in quegli anni destarono maggiore impressione e lasciarono più vivo ricordo, vanno ricordate le improvvisazioni, che nel 1862 vi fece la Giannina Milli. Il Comunale serviva per musica e prosa.
Tommaso Salvini, che fu preceduto nel 1854 dalla compagnia Domeniconi, la quale rimase mezzo decimata dal colera di quell’anno, andò la prima volta in Catania nell’ottobre del 1858, con la compagnia diretta dall’artista Cesare Dondini, nella quale era prima attrice Clementina Cazzola. Il Salvini recitò al Comunale e fu festeggiatissimo. Molta gente vi andava dalla villeggiatura e tornava la stessa sera, dopo la recita. Di produzioni furono date: Otello, Francesca da Rimini, Elisabetta d’Inghilterra, Le smanie della villeggiatura e La forza dell’amor materno. La sera del 9 ottobre ebbe luogo la prima recita, e quando il gran tragico apparve sulla scena, fu una pioggia di versi e di fiori.
Un sonetto dell’avvocato Emmanuele Rapisardi, fratello del pittore Michele, ebbe acerba critica per la forma e per un ingiusto rancore verso il proprio paese, che si vide trasparire in quei versi e che suscitò una polemica nel Giornale di Catania. E si ebbe ragione, perchè il sonetto era proprio questo:
A TOMMASO SALVINI.
(Acrostico)
Tristo quel cor, che ad ogni affetto è muto; |