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gio, Luigi Indelli, il quale, dopo una fuga avventurosa, riparò a Livorno. Più tardi vennero arrestati via via il marchese Rodolfo d'Afflitto, il barone Giuseppe Gallotti, Antonio Capecelatro, i fratelli Carlo e Luigi Giordano, Giuseppe Saffioti, Giuseppe Ferrigni, il marchese di Monterosso e Stanislao Gatti, che furono rilasciati dopo poco tempo, ad eccezione dei Giordano e del Saffioti, i quali ebbero prigionia più lunga. I Giordano villeggiavano alla villa Forino a Portici e vennero arrestati dall’ispettore Castaldi nella notte dal 28 al 29 settembre, dopo una minuziosa visita domiciliare. La polizia non scoprì le carte più compromettenti, perchè nascoste in cantina, ma potè sequestrare alcune lettere di Carlo Poerio, di Giuseppe Pisanelli, di Francesco Stocco, di Ferdinando Bianchi, di Aurelio Saliceti, di Raffaele Mauro, e un memorandum dettato in francese da Antonio Ranieri e scritto da Gabriele Costa, memorandum che il giorno seguente avrebbe dovuto essere consegnato a Brenier, il quale villeggiava a Castellamare. Arrestati, furono condotti a Santa Maria Apparente, che rigurgitava di liberali, e dove la prima sera, da alcuni popolani di San Giuseppe furono a loro e agli altri condetenuti, mandati cinquanta gelati, che la polizia fece tornare indietro. Un’altra visita eseguì la polizia nell’appartamento loro a Napoli e vi sequestrò persino un ritratto ad olio, opera del pittore Andrea Cefaly, il quale rappresentava Carlo Giordano nell’atto di leggere il Siècle. I Giordano scelsero a difensore Federico Castriota, il quale voleva associarsi l’avvocato Francesco de Luca, che più tardi fu deputato di Sinistra e notissimo massone, ma il De Luca prima accettò e poi non volle più saperne. Essi uscirono da Santa Maria Apparente due giorni dopo la Costituzione.

Insieme con loro fu arrestato anche il barone Genovese, il quale, stupito del suo arresto, chiese ai feroci se per caso non fosse mutato il governo. Avrebbe dovuto essere arrestato, pare incredibile, anche Gaetano Filangieri, figliuolo del principe di Satriano, le cui dimissioni da presidente dei ministri e da ministro della guerra, erano state accettate ufficialmente il 31 gennaio. Ma la cosa parve enorme, essendo Gaetano Filangieri gentiluomo di camera, e il mandato non fu eseguito. Ci fu anche ordine di arresto per il principe di Camporeale, e un commissario andò ad eseguirlo. Il principe, come Pari di Sicilia, aveva votata nel 1848 la decadenza della dinastia dei Borboni,