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squisiti e di sciarade pornografiche, nelle quali il Volpe era maestro insuperato. Fu il Paolucci, che, riconosciuto il nuovo visitatore, ne aveva avvertiti i compagni. E il Volpe giunse sino al punto di dare ad intendere alla spia, che preterito derivasse da prete e rito, e parrocchiano da occhi e ano! Dopo una ventina di giorni di canzonatura, la spia dovè battere i tacchi.

Altri caffè, dove si riunivano giovani liberali, eran quelli della Gran Brettagna, allo Spirito Santo e del Cipolla, al palazzo De Rosa. Vi convenivano Ottavio Serena, Tommaso Sorrentino, Luigi de Crecchio, i fratelli Tufari, Carlo Padiglione, Leopoldo de Bernardis e quello stesso Peppino Volpe, che improvvisava epigrammi e sciarade. In una sera del marzo 1859, i frequentatori erano più numerosi del solito e ridevano sgangheratamente, udendo il Volpe che metteva in versi un manifesto di libraio. Ad un tratto, il caffè fu invaso da birri, e il Campagna, che li guidava, comandò a tutti di non muoversi, anzi di spogliarsi completamente. Il terrore, che invase i malcapitati, fu solamente temperato dalla situazione oltre ogni dire comicissima, nella quale si trovò il Volpe, che, corpulento com’era, non trovava modo di spogliarsi nè di rivestirsi. Furono perquisiti, ma non si trovò nulla.

Altro caffè di qualche rinomanza era quello dei Commercianti, a Fontana Medina, frequentato dalle persone della vicina Borsa. Il Caffè Buono, celebre nel 1848, era già sparito e di altri caffè di qualche celebrità, oltre quelli che ho citati, non ve n’erano altri, perchè la frequenza abituale in queste botteghe non cominciò che dopo il 1860; nè allora vi erano birrerie, e molto meno restaurants nei caffè. Il pasticciere svizzero, che primo aprì bottega nel 1858, fu lo Spiller, al palazzo Berio, dov’è ora il Caflisch e fece fortuna. Erano a Toledo molti altri pasticcieri, ma tutti napoletani, e su loro portava la palma il Pintauro, con le sue celebri sfogliatelle, rimasto al suo posto fra tante vicende.

Famosissime le pizzerie, fra le quali bisogna ricordare quella antichissima in via Sant’Anna di Palazzo che, per i napoletani, è ancora la via di Pietro il Pizzaiuolo, e contava allora più di un secolo di vita, ed è sopravvissuta a tante vicende. Altre due pizzerie, anche molto frequentate, erano quelle al vicolo delle Campane e al vico Rotto San Oarlo, dove i modesti frequentatori del massimo teatro napoletano, e anche i letterati del tempo