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riteneva il non plus ultra del genere. Ed i provinciali, soprattutto i calabresi, avevano il Caffè delle Due Sicilie, ora d’Italia, e il Testa d’Oro, a Toledo, mentre gli studenti di Puglia frequentavano il De Angelis e quelli di Basilicata il Salvi, pure a, Toledo, ma più particolarmente i caffè degli studenti eran quelli di Foria e di via dei Tribunali. Un manipolo di persone colte, professori e studenti, si cominciò a riunire nei primi mesi del 1869 in un piccolo e umile caffè in via di Costantinopoli, seconda o terza bottega a sinistra di port’Alba, esercitato da un don Michele, del quale nessuno cercò mai di sapere il cognome. Un po’ alla volta, e definitivamente dopo la morte di Ferdinando II, ne crebbero i frequentatori ed erano tra questi: Angelo Beatrice, Luigi Amabile, Tommaso Vernicchi, Pietro Cavallo, Enrico Pessina, Giuseppe Laudisi, oggi deputato, Tito Livio de Sanctis, Giuseppe Buonomo, Peppino Volpe di Campobasso, geniale improvvisatore di versi faceti e genialissimo tipo; Gaetano Tanzarella di Ostuni, Niccola Pedicini, Vincenzo e Nunziato Tandurri, Pasquale Trisolini, Ferdinando Mele, Francesco Vizioli e Antonio Galasso, il quale, ancora giovanissimo, si era rivelato di gran valore nel concorso al grande archivio di paleografia greca. Erano meno assidui Francesco Fede, Luigi de Crecchio, Domenico Capozzi, Aniello d’Ambrosio, Raffaele Maturi, Giustino Mayer, Basilio Assetta, Giuseppe Polignani, Giuseppe Lombardi, Ugo Petrella, Amilcare Lanzilli, Beniamino Cannavina, e i suoi fratelli Florido e Leopoldo, Fedele Cavallo, Rosario Ciocio, Vincenzo Tenore, Beniamino Marciano, Carlo Contrada: tutti giovani pieni di fede liberale, unitari convinti e che onorarono più tardi il Parlamento, l’Università e le pubbliche amministrazioni. Il Laudisi, caldissimo e imprudentissimo, andava a leggere i giornali francesi in quel caffè, che, per l’assiduità dei frequentatori e la costanza delle parche abitudini, fu battezzato dal Beatrice: Caffè della Perseveranza. I fogli francesi erano al Laudisi forniti da Buteaux e D’Aubry, librai al vico Campana. Emanuele Paolucci, cancelliere di polizia e famoso sciaradista, era pur egli de' frequentatori di quel caffè. Da principio fa creduto una spia, ma ingiustamente, perchè ai suoi superiori dava a credere che quei giovani si radunassero per comporre e sciogliere sciarade. E quando la polizia, per accertarsene, vi mandò una vera spia travestita, questa non udì parlar d’altro che di pranzi