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sizione della salma di Ferdinando II, andò tutta, in carrozze chiuse, in quella villa.
Fin dal primo giorno del nuovo regno corse la voce che Francesco II avrebbe cambiato il ministero, sostituendo il Filangieri al Troja, e la voce parve confermata dal fatto che il 3 giugno, Filangieri fu nominato consigliere di Stato, e con lui, il principe di Cassaro e il duca di Serracapriola, con queste significanti parole: “Ci riserbiamo di avvalerci, sempre che lo stimeremo opportuno, de’ loro lumi e della loro esperienza„.
Gli speranzosi nel nuovo Re magnificavano le cose, che si sarebbero vedute; affermavano che il proclama ai sudditi e l’ordine del giorno all’esercito rivelavano un’eccessiva pietà filiale, ma che Francesco, ascoltando i consigli di suo zio, il conte di Siracusa, e gli impulsi del suo animo, avrebbe cambiato il ministero, iniziate le riforme, data l’amnistia ai condannati politici e agli esuli; e i più esaltati aggiungevano che avrebbe fatta un’alleanza offensiva e difensiva col Piemonte, per compiere l’impresa nazionale, e largita la Costituzione.
Alla battaglia di Montebello era seguita, dopo undici giorni, quella di Palestro e poi, il 4 giugno, la gran battaglia di Magenta, la quale liberò la Lombardia dall’occupazione austriaca. Si asseriva con insistenza che la Francia e l’Inghilterra avrebbero ristabilite le relazioni diplomatiche col nuovo Re; si dava per certo che Napoleone e Vittorio Emanuele gli avrebbero proposto di unirsi a loro per compiere l’impresa della indipendenza nazionale. Ma invece i primi atti del nuovo Re furono soltanto questi: tolse le doppie direzioni a Scorza e a Bianchini; sostituì a Scorza il magistrato Gallotti, nel ministero della giustizia; al Bianchini, nella polizia, l’altro magistrato Francescantonio Casella; tolse al Murena la direzione dei lavori pubblici per darla all’intendente di Bari, Mandarini. E fu solo, dopo l’imponente dimostrazione per la battaglia di Magenta, che Francesco si ricordò delle parole del padre e nominò il generale Carlo Filangieri primo ministro e ministro della guerra.
La dimostrazione per Magenta fu il primo risveglio delle forze liberali e fece paurosa impressione in Corte. L’incaricato di affari e il console generale di Sardegna avevano illuminati