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dizione sociale e morale, storica ed economica, che poteva venirsi modificando via via, ma che non era lecito mutare di punto in bianco. E la rivoluzione violentemente la mutò, nella sua parte esteriore, con un diritto pubblico, il quale non fu inteso altrimenti, che come reazione meccanica a tutto il passato. Il nuovo diritto non rifece l’uomo, anzi lo pervertì. La vecchia società si trovò come ubbriacata da una moltitudine di esigenze e pregiudizi nuovi, per cui ciascuno vedeva nel passato tutto il male e nelle così dette idee moderne tutto il bene, donde il bisogno di por mano a creare tante cose ad un tempo, utili e inutili. Non vi fu comune, anche di mediocre importanza, che non si coprisse di debiti. Da nessuna partecipazione alla vita pubblica, si andò, d’un tratto, ad un eccesso di partecipazione: alla politica, eleggendo i deputati; al municipio, alle provincia e alle Camere di commercio, i consiglieri. Una quantità di tempo, anzi il maggior tempo sottratto ad occupazioni utili, e quel che fu peggio, con un fatale strascico di odii spenti e rinascenti, di gelosie, di ambizioni, di vanità, di volgarità e d’interessi da difendere o da far prevalere: una nuova forma di guerra civile in permanenza, e una nuova tirannide, quella delle maggioranze d’occasione, e quel ch’è più disastroso ancora, la totale distruzione del carattere, che fu sempre così deficiente. Come nella Camera dei deputati, così nei Consigli comunali e provinciali, i nemici di ieri diventano gli amici di oggi e viceversa, non in nome di principii, ma d’interessi, di vanità e d’ambizioni di rado confessabili. Si mutano gli odii in amori e gli amori in odii, e si smarrisce spesso la coscienza del bene e del male. A farlo apposta, non si sarebbe potuto immaginare un sistema peggiore per guastare la gente. Nei primi anni del nuovo regime, gli odii locali, repressi per tanto tempo, furiosamente scoppiarono, e i maggiori ricchi furono bollati per retrivi ed esclusi da ogni partecipazione alla vita pubblica; si sfogarono vecchi rancori e si consumarono non poche vendette, soprattutto nel periodo della legge Pica del 1863, e della legge Crispi del 1866. Poi si fecero le paci in apparenza, ma in sostanza gli odii non si prescrissero. Suggellandosi uno dei più iniqui pregiudizi di uguaglianza apparente e meccanica, le provincie dell’antico Regno ebbero leggi e ordinamenti affatto contrarli al loro carattere, alle loro tradizioni, al loro grado di cultura. I piccoli