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colto e integro, cui un’eccessiva modestia ha impedito di farsi largo nel mondo. Pietro de Bellis, Domenico Morea, Giuseppe Orlandi, Pietro de Donato Giannini e Donato Jaja erano seminaristi a Conversano; Michele Torraca a Matera; Vito Sansonetti, Antonio Casetti e Davide Lupo alunni dei Teatini di Lecce, ne svestirono l’abito prima che andassero studenti a Napoli. E fra i professori di quei seminarii, i quali, dopo il 1860, entrarono nell’insegnamento governativo o nell’amministrazione scolastica dello Stato, ricordo Girolamo Nisio e Orazio Pansini, di Molfetta; Baldassarre Labanca, di Agnone e Pietro De Bellis, di Conversano.

Per il collegio di Chieti, non si può non ricordare un fenomeno rarissimo e forse unico: un ragazzo di dodici anni, nativo di Gessopalena, povero come Giobbe, che si chiamava Daniele Nobile. Per virtù congenita e senza educazione di sorta, egli risolveva estemporaneamente i più astrusi problemi di aritmetica. Piccolo, quasi deforme, nevrotico, dalla bocca enorme e dagli occhi sporgenti, balbuziente, apata e col cuore non aperto ad altri affetti, tranne quello per sua madre, egli, entrato in collegio, imparò a memoria quanto nessun uomo potrebbe imparare in tutta la vita. Recitava la Divina Commedia dalla prima all’ultima terzina, senza mettere una parola in fallo; ripeteva lunghi brani di classici e giunse persino ad imparare il dizionario italiano-latino. Ma i superiori, temendo che glie ne venisse male, ricorsero all’influenza del suo confessore, e questi ottenne che il ragazzo si fermasse alla lettera d. Era stato compagno di Cammillo de Meis, e crebbe sviluppando la sua memoria in maniera veramente portentosa; ma la sua virtù singolare stava nel rispondere prontamente e senza riflessione apparente e con mirabile precisione, a tutti i quesiti più difficili di aritmetica. Ferdinando II, andato a Chieti nel maggio del 1847, ricevette ragguagli di questo giovanetto e volle conoscerlo. Gli mosse varie domande, ed ebbe pronte risposte, verificate esattissime. Allora volle fargliene anch’egli una, che formolò cosi: “Io nacqui nel giorno tale dell’anno tale, alla tale ora, e fino a questo momento (cavando l’orologio e notando i minuti primi e i secondi) quanti anni, mesi, giorni, ore, minuti primi e secondi ho vissuto?„. E il Nobile prontamente rispose; e le cifre furono raccolte e sot-