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stoso patrimonio ad opere di carità e di culto, e parve ciò una stravaganza, da sollevar forse più critiche che lodi: tanto si era alieni dal pensare che si potesse, morendo, lasciare il proprio patrimonio ai poveri. Quasi tutta la beneficenza si concentrava a Napoli, a Palermo e nelle città maggiori del Regno. Nelle provincie minori non esistevano asili d’infanzia, ne ricoveri di mendicità, nè sodalizi di mutuo soccorso, ma solo qualche ricovero o istituto per orfani e proietti, o qualche ospedale che accoglieva i poverissimi, perchè anche i poveri sentivano invincibile repugnanza di entrarvi, non vinta neppure oggi. Bitonto aveva l’orfanotrofio Maria Cristina, e Giovinazzo l’ospizio dei trovatelli; Terra di Lavoro aveva le Annunziate di Capua e di Gaeta e il San Lorenzo di Aversa, tra i suoi ospizii principali, e così Lecce e Foggia, Aquila e Catanzaro; mentre altre provincie, come Avellino, Campobasso, Potenza, ne erano sprovviste. Pochissime città minori possedevano qualche istituto di beneficenza e tra esse va solo ricordata Marcianise, la quale aveva ricchissime opere pie, amministrate fin d’allora da quel canonico Novelli, che più tardi figurò come grande agente elettorale in Terra di Lavoro, e mori lasciando una cospicua sostanza. Un solo manicomio, quello di Aversa; e solo negli ultimi anni, un francese, certo Florent, ne fondò uno privato a Capodichino. Vi erano le Commissioni di beneficenza, che ordinariamente somministravano elemosine e piccoli sussidii in caso di malattia, o in determinate solennità, il qual genere di elemosina era pur adoperato dai ricchi, nelle feste solenni o per i morti. Vi era poi una miseria speciale, perchè quasi occulta, in quella parte della borghesia, la quale, dato fondo al patrimonio per dissipazione o disgrazie, e più sovente per ignavia, non trovava da far nulla, nè si rassegnava ad esercitare un mestiere, per il pregiudizio di considerar vile qualunque lavora della mano. C’era perciò in ogni comune un nucleo piuttosto forte di fannulloni, viventi di piccole risorse e che divenivano una specie di stato maggiore dei più ricchi, tipo fra il cliente, il confidente e lo sparafucile. Erano gli spostati di quella società, e dettero più tardi il maggior contingente alle cospirazioni e indi alla rivoluzione. La miseria di tante famiglie non aveva le forme esterne dell’indigenza, perchè si viveva con poco e vi era una certa vanità a celare il bisogno. Spesso, per opera delle autorità provinciali, riusciva a qualche persona di queste famiglie