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erano abbandonate ai loro peggiori istinti, e le classi dirigenti, poche eccezioni a parte, erano presso che prive di equilibrio morale; e con a capo un Re, come Ferdinando II, bizzarra contradizione di paura e di coraggio, di tristizia e di bonarietà, napoletano in tutta l’estensione della parola, la polizia concorreva a peggiorare l’ambiente, dal quale era essa medesima resa più triste e corrotta.

C’era poi un commissariato di polizia addetto al ministero, avente a capo il Maddaloni, che aveva grado, soldo ed onori di giudice di Gran Corte Civile. Senza tener conto dei bassi agenti, detti feroci, la città di Napoli contava essa sola, in quegli anni, più di dugento fra commissarii, ispettori, vice-ispettori e cancellieri, non calcolando gl’impiegati del ministero e della prefettura, nè gli agenti dei tre circondarli. Antonio Scialoja, confrontando i bilanci napoletani coi piemontesi, rilevò che, nonostante le cifre minori iscritte in bilancio, la polizia della sola città di Napoli e casali costava all’erario circa 100 000 ducati, somma ben considerevole allora; nè alcuno dei tanti, che scesero in campo a confutarlo, potè mettere in dubbio l’esattezza di tale affermazione. Naturalmente, nei centomila ducati erano comprese le così dette spese segrete per lo spionaggio in ogni classe sociale, specie nella borghesia e fra gli studenti.


Con reale decreto del 23 dicembre 1852, la regia Università degli studii di Napoli fu messa sotto la speciale protezione di San Tommaso d’Aquino, e venne parimente disposto che i suoi professori titolari, non meno che il presidente e i membri del Consiglio generale di pubblica istruzione, dovessero portare sospesa al collo, a guisa di onorificenza, una medaglia dorata sormontata dalla reale corona, avente da una parte l’effigie del santo protettore con l’epigrafe: Divus Thomas Aquinas Regiae Neapolitanae Universitatis professor et patronus, e dall’altra, l’epigrafe: Ferdinandus II Rex P. F. bonarum artium stator. Il nastro di color celeste, simbolo dell’Immacolata, alla quale era sacra la chiesa dell’Università, aveva diverse dimensioni, secondo che serviva per il presidente del Consiglio di pubblica istruzione o per i semplici consiglieri, per il rettore o per i professori.

Era rettore dell’Università don Mario Giardini, professore di