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battiture sotto il funereo coperchio. Vive, ma di vita quasi peggiore della morte. Risuscitiamola! (Bravo, bene a Sinistra)„.
In verità, la procedura, seguita riguardo al Bentivegna, fu veramente infame, e il Brofferio avrebbe fatto meglio se si fosse limitato a bollarla cosi. E di fatti, contestata dagli avvocati Puglia, Bellia, Sangiorgi e Del Serro — a nome dei quali parlò coraggiosamente ed eloquentemente il quinto avvocato, marchese Maurigi — la competenza del Consiglio di guerra, perchè il Bentivegna era stato arrestato senz’armi e non in conflitto, il giudizio venne continuato e la fucilazione eseguita, non pare credibile, un giorno prima che la Corte di Cassazione pronunziasse sulla competenza del tribunale che li aveva condannati! Varie voci corsero in quei giorni, perchè nessuno voleva la responsabilità per sè, ma la verità è questa. Allorchè il Castelcicala partì la prima volta per la Sicilia, il Re gli consegnò un plico, sul quale era scritto "Istruzioni segrete da leggersi nel caso di movimenti insurrezionali„. Condannati il Bentivegna e lo Spinuzza a morte, il Gallotti, segretario particolare del principe, aprì il plico e vi lesse queste parole: "Le sentenze dei Consigli di guerra saranno senz’altro eseguite„. Finse di non aver letto e consigliò Castelcicala di telegrafare al Re per chiedere istruzioni. E la risposta immediata del Re fu questa: "Leggete le istruzioni segrete„. La sentenza fu eseguita, e il Sansone ne narra i particolari commoventi e quasi incredibili. Il Gallotti, dal quale ho queste notizie, mi dice pure che bruciò le istruzioni prima di lasciar Palermo; Francesco II, avanti di lasciar Napoli, ne trovò l’originale fra le carte segrete della Reggia, e chi sa se ancora esistano. Del tentativo per salvare Bentivegna, il Castelcicala nulla disse al Maniscalco, il quale, nella sua qualità di direttore per la polizia, non ignorava la mente sovrana. Ma l’odio maggiore per quelle esecuzioni si addensò sul capo di lui, anzi fu da allora veramente che si cominciò a formare la trista leggenda sul nome suo: leggenda alimentata e accreditata dal ministro di Sicilia a Napoli e dai colleghi del Maniscalco a Palermo, & soprattutto dallo Spaccaforno, che seguitava non pertanto a mostrarglisi deferente e amico. Ma il Maniscalco compiva il suo dovere, fingendo di non accorgersi di quel che avveniva intorno a lui, intento a dare alla Sicilia la coscienza che il governo era forte e capace di soffocare qualunque conato di rivolta.