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un ladro„. Si immagini l’impressione. Tornato al quartiere, il colonnello fu colpito d’accidente e morì.
Non si parlò più del gran progetto del Filangieri per la costruzione delle strade, ma se ne fecero alcune con i fondi ordinarli del bilancio; s’innalzò qualche faro; si costruì un nuovo porto a Milazzo, patria di Cassisi, e furono allargati gli scali di Palermo, di Messina, di Trapani e di Girgenti; congiunta più tardi la Sicilia a Napoli col telegrafo elettrico, e iniziata una rete telegrafica per tutta l’Isola. Il bilancio fu tenuto in pareggio e i fondi pubblici salirono a 120 ducati. Non essendo il Ruffo uomo da iniziative, fece tutto quel bene compatibile con l’indole e la posizione sua, destreggiandosi, non senza abilità, con Cassisi, il quale voleva mostrare al mondo che il padrone della Sicilia era lui e fino a un certo punto lo mostrò.
Se il principe di Satriano ebbe nel suo passivo politico le tragiche esecuzioni del Garzilli e dei suoi compagni, il principe di Castelcicala ebbe quelle del Bentivegna e dello Spinuzza. Se il Filangieri giustificò le prime con la necessità di dare degli esempii, Castelcicala giustificò le altre, lavandosene le mani. La storia del Bentivegna e dei suoi compagni è stata narrata, con copia di documenti e retto senso storico, da Alfonso Sansone,1 e tutti i particolari sono contenuti in quel suo interessante volume. Ma il Sansone ignorò una circostanza, forse capitale, che potrebbe spiegare la condotta del Governo in quella occasione, come spiega l’insuccesso del tentativo fatto dal luogotenente, per salvar la vita a quei due. Quindici giorni dopo la rivolta di Mezzoiuso, era avvenuto a Napoli l’attentato di Agesilao Milano, che si credette organizzato da una setta potente di rivoluzionari; e però, insensibile il Re alle istanze di coloro che lo consigliavano di salvare la vita al soldato calabrese, non volle saperne di far la grazia al Bentivegna, anche perchè questi, già deputato nel 1848, era fuggito a Genova e ne era tornato a istigazione del Mazzini, per ritentare quella rivolta che non gli era riuscita nel 1853. S’imponeva l’esempio, e si passò sopra a tutte le forme, sino al punto che il Cassisi, per mezzo
- ↑ Cospirazione, e rivolte di Francesco Bentivegna e compagni, con documenti e carteggi inediti. — Palermo, 1891, Tipografia del "Giornale di Sicilia„.