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boni in Sicilia. Rimasero memorabili alcune sue annotazioni sulle pratiche amministrative. Ne ricordo una: "gl’ingegneri sono come gli orologiai; fanno spendere il danaro, senza sapere dove va„. Si serviva nei sunti, cioè nel riassumere lo stato degli affari, di un giovane intelligente e vivace come un demonio, alunno da poco tempo del ministero dell’interno, in seguito a brillante concorso. Questo giovane, il quale prendeva lo stipendio di tre oncie al mese, ossia trentotto lire, era quello nel quale lo Spaccaforno riponesse fiducia per gli affari più difficili, e lo gratificava con somme, le quali rappresentavano qualche volta il doppio dello stipendio annuo. Si chiamava Vincenzo D'Anna, ed è oggi senatore e presidente di sezione al Consiglio di Stato.

Gli altri direttori, Francesco Mistretta e Giuseppe Castrone, non avevano importanza fuori la vita dei rispettivi dicasteri, nè personalità spiccata. Il Castrone era un giurista non senza valore; e il Mistretta, magistrato di qualche dottrina, aveva pronunziato il tronfio discorso, tre anni prima, all’accademia Peloritana per commemorare il viaggio del Re a Messina: l’uno e l’altro singolarmente protetti dal Cassisi che li considerava creature sue. Il Castrone, dopo il 1860, esercitò a Napoli con largo successo l’avvocatura civile e vi è morto da pochi anni.

I tre nuovi direttori, pienamente d’accordo fra loro, non si trovavano in pari accordo con Maniscalco. Tra Maniscalco e Spaccaforno si rivelò subito una decisa incompatibilità di carattere, che solo la ben dissimulata prudenza di entrambi non fece degenerare in conflitto; anzi il Maniscalco si studiava di usare a Spaccaforno apparenti riguardi, che lo Spaccaforno ricambiava con altrettanta affettata cortesia. Ma i tre direttori si vendicavano del collega, dicendone un gran male al luogotenente e facendo risalire a lui la responsabilità di quegli atti, che più urtavano il sentimento pubblico e insistevano perchè fosse allontanato. Il Maniscalco, al contrario, certo del favore del Re, non si curava di questi intrighi occulti, anzi affermava ogni giorno di più il poter suo. Ma quella unità e risolutezza di indirizzo nel governo, vero segreto del successo di Filangieri, cessarono di esistere e cominciò invece quel fatale giuoco a scarica-barili, che fu tanto utile alla rivoluzione. Maniscalco, rimasto devoto a Filangieri, lo informava delle cose del governo, non