Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 58 — |
onorarmi, il dì 31 luglio dello scorso anno in Gaeta, pel solo rispettoso attaccamento, che nutro per la M. V., mio Augusto ed adorato benefattore, sono qua ritornato, ed ho con pazienza e rassegnazione sofferte tutte le contrarietà per parte di lui, che rendeva sì amara la mia vita pubblica„. E concludeva: "Signore, sul settantesimo anno dell’età mia, non avendo più altro scopo, se non quello di morire in possesso della stima e della benevolenza della M. V., io non saprei esistere più oltre, se la M. V. non mi concedesse la predetta grazia„.1 Nel mese successivo, non avendo avuto risposta, lasciò Palermo e andò in Ischia a curare le sue ferite.
E qui avvenne uno di quei fatti, i quali trovano solo riscontro nella cronaca dei peggiori governi assoluti. Stando il Filangieri in Ischia, dimissionario sì, ma senza che le dimissioni fossero state accolte, seppe che il Cassisi, profittando dell’assenza di lui, aveva aperta un’inchiesta, specialmente contabile su ogni ramo della gestione luogotenenziale. Richiamò da Palermo i registri dei pagamenti della tesoreria; fece investigare circa le spese del giardino inglese; ordinò di sospendersi i lavori dell’ospizio di beneficenza, che per fortuna era compiuto, e dispose nuove verifiche sopra alcune strade finite e già consegnate. "Notisi — scrisse Filangieri — che cotali pratiche eseguivansi al ministero, nel mentre il Re ricusava di concedermi il riposo e voleva che io tornassi in Sicilia, e certamente quelle pratiche non erano atte a persuadermi a ritirare la domanda del mio riposo„. E difatti il principe di Satriano, benché vecchio, si sentì rimescolare il sangue, e scrisse al Re che in Sicilia non avrebbe più messo il piede, a nessun costo. Il Re gli rispose una lettera napolitanamente bonaria, nella quale, senza far motto dell’inchiesta, accettò la rinunzia. Questo avveniva nell’ottobre del 1854, proprio due anni dopo il viaggio del Re in Sicilia. "Fu allora — continua il Filangieri — che il Cassisi ridivenne propriamente procuratore generale; si ordinarono inchieste, si fecero requisitorie, volevasi a tutt’uomo scoprir fraudi, furti e malversazioni. Era un fiume gonfio negli argini suoi, che straripava in tutti i sensi; egli allora mostrò tutto sè stesso! . . . Può ben dirsi che il ministro Cassisi sia stato
- ↑ Archivio Filangieri.