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era stato segretario del governo col luogotenente marchese delle Favare, avea avuta la disgrazia di vedersi inginocchiato ai suoi piedi il Cassisi a chieder mercè, per esser stato deposto dall’ufficio d’intendente, che per pochi mesi avea esercitato in Messina; fece guerra al comm. Maniscalco, uomo zelante, operoso, giusto, di molto tatto ed intelligenza; fece guerra al comm. Celesti, uno degli uomini più onesti, ch’io abbia conosciuto, di carattere indipendente, il quale per la capital colpa di aver reso splendidi servigi alla Monarchia fu, dopo il mio ritiro, il capro di espiazione immolato ad un’ira tanto sconvenevole quanto ingiusta; fece guerra a diversi ufficiali laboriosi ed onesti del Ministero, ricusò sempre di farne approvare la diffinitiva organizzazione, tenendo così in sospeso con danno del servizio pubblico le sorti di tanti impiegati„.1 E per mantenere sottointendente a Corleone il duca del Pino, che Cassisi aveva dipinto come un balordo e meschinissimo impiegato, Filangieri fu costretto ad invocare l’autorità del valoroso e intelligentissimo tenente colonnello Pianell, comandante la colonna mobile nei distretti di Corleone, Mazzara e Alcamo.2

Tutto ciò, che non facevasi di sua iniziativa, il Cassisi ostacolava in tutte le maniere. Erano obietto dei suoi sarcasmi le opere e le istituzioni, che il Filangieri ordinava o proponeva per Palermo: come il giardino inglese, il restauro del teatro di Santa Cecilia, l’ospizio di beneficenza, la strada di mezzo Monreale e un grande teatro, tanto desiderato dai Palermitani, e di cui, senza gli ostacoli creatigli, il luogotenente avrebbe fin da allora arricchita la città. Il ministro di Sicilia a Napoli finì con inframmettersi anche negli affari di giustizia, e Filangieri confessa, nei suoi appunti, che per averlo benevolo nelle cose d’interesse generale "ne sopportava con mirabile pazienza lo strapotere, secondandone quanto poteva le debolezze, studiandosi di prevenirne i desiderii, le tendenze e le simpatie, carezzandone i parenti e gli amici, e lasciandolo fare in Milazzo e nella provincia di Messina, ch’era il suo feudo„.3


  1. II principe di Satriano era molto affezionato al Celesti. Nel rimettere in ordine le sue carte, sopra una lettera da lui scritta nell’ottobre del 1849 in difesa del Celesti, annotò, di suo pugno: "Povero Celesti! Che infame quel C....! E pure a quest’uomo credevasi, non a Carlo Filangieri!
  2. Archivio Filangieri.
  3. Id. id.