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tore d’occasione. L’allegoria aveva per titolo: Il voto pubblico. Erano interlocutori: Messina, il Genio dell’industria, il Genio dell’ilarità, con cori di donzelle e di giovani. L’argomento era la venuta del Re, tanto sospirata. La musica fu composta dal maestro Laudamo e un coro cantava:

Pari ad angel, che sta nelle sfere,
Invocato da mille preghiere,
Benedetto dal labbro di Dio,
A noi vieni più Padre che Re.
Te sospira con lungo desio
Quella terra, che culla Ti diè.
Di mille formasi
Un voto solo,
Tutti ti gridano
Vieni, o Signor.
Quel lungo gemito
Cangia in consuolo.
Corona i palpiti
Di un santo amor!

Il "Genio dell’ilarità„ soggiungeva:

Iddio ci arrise — della bella Aschene
Dalle infiorate arene
Fra poco il Re verrà.

E la scena si chiudeva con la discesa dal cielo di due piccoli genii, i quali sostenevano una fascia d’oro che portava scritto: Viva Ferdinando II, mentre tutti cantavano:

Salve, o magnanimo
Padre e Signor,
Accogli il gaudio
Del nostro cuori
Sole vivissimo
D’alta bontà.
Splendi a’ tuoi popoli
Per lunga età!

Quando il Re si levò per uscire, si rinnovarono, manco a dirlo, le acclamazioni. Scese per la magnifica scala di marmo messa a ghirlande e a festoni, e andando al porto per imbarcarsi, ammirò, a San Leone, un gran trasparente, il quale rappresentava Re Ruggiero nel suo ingresso a Messina. La facciata del nuovo teatro era coperta da altro immenso trasparente, che rappresentava Ferdinando II, il quale stendeva la mano al commercio per sol-