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Nelle prime ore pomeridiane, il Sovrano parti con una parte minima del suo seguito. Ordinò che gli altri tutti, militari e borghesi, lo attendessero a Pizzo, al ritorno dalla Sicilia. Pizzo divenne una caserma di generali e di ufficiali di stato maggiore. Accompagnarono il Re i fratelli Nunziante, De Sangro, Afan de Rivera Schumacher e i direttori Scorza e Murena. Si sperava di arrivare la sera a Bagnara, ma la notte innanzi si scatenò una bufera che rese impraticabile la strada; tanto che in alcuni punti le popolazioni accorsero, con zappe e badili, a sgombrare la terra ammassata, e così le carrozze poterono passare. A Mileto si fè sosta pochi minuti, per vedere il celebre duomo, fondato da Ruggiero, e anche meno, a Rosarno, a Gioia e a Palmi. Si giunse a Bagnara nel cuore della notte e sotto un diluvio. Il Re rifiutò, come al solito, qualunque ospitalità privata e preferì andare nell’unica locanda, tenuta da un tale Vincenzo Pino: locanda per modo di dire, perchè era una casetta di due piani, con poche camere nude affatto e alle quali si accedeva mercè una piccola scala di legno. Alloggiò al secondo piano, e sotto i suoi passi pareva che si sfondasse il pavimento, perchè la casa, mal costruita, tremava tutta. Il locandiere volle procurare della biancheria fine, ma il Re, toccate le lenzuola, disse alla moglie di lui: "Questa non è la biancheria che dai a tutti i passeggieri; no, no, io voglio roba ordinaria; devi trattarmi come tutti gli altri„. E strappò le lenzuola dal letto. La locandiera rifece allora il letto innanzi al Re, che le disse: "Così mi piace; questi sono i più bei giorni della mia vita„. La stanza, dove dormì il Re, fa chiusa dal Pino e mostrata, a quanti vi capitavano, con le parole: "questa è la stanza del Re„; ma dopo il 1860 non lo disse più.
Ferdinando II giunse a Reggio nelle ore pomeridiane del 20 ottobre.
Da Villasangiovanni a Reggio il Re passò sotto molti archi di frasche, disposti lungo la strada, specialmente nei villaggi di Santa Caterina e dell’Annunziata. Lo seguiva una scorta di guardie d’onore. Erano ad attenderlo all’Intendenza parecchi gentiluomini del paese, col sindaco alla testa e, tra questi, diversi che avevano avuto taccia di liberalismo ideale. Mentre costoro stavano nella prima sala del palazzo, sopraggiunse Alessandro