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i chirurgi, a scanso di ogni loro responsabilità, consegnarono al principe ereditario una relazione in iscritto della malattia, con tutti i particolari, che io ho narrati.

Fu pure in quei giorni che il Re volle disporre, per testamento, delle sue sostanze private. Fino allora, per quanto giudicasse non lontana la sua fine, non aveva disposto nulla circa il suo patrimonio. Vi si decise a insistenza della Regina, e per le esortazioni di monsignor Gallo. Chiamò quindi a sé il principe ereditario, e alla presenza della Regina, di monsignor Gallo, dei conti di Trani e di Caserta, gli tenne un altro discorso sulle cose del Regno. Lo consigliò a cambiar ministero, ma non l’indirizzo di governo nelle sue linee generali, gl’impose di non allearsi con l’Austria, ne col Piemonte, e a non farsi prender la mano dalla rivoluzione; gli parlò di Filangieri, come della persona sul cui ingegno e coraggio poteva far securo assegnamento, ma solo nei momenti perduti, quando ogni altra risorsa venisse a mancare; e conchiuse col dettargli con molta chiarezza mentale questo testamento:

“Raccomando a Dio l’anima mia, e chiedo perdono ai miei sudditi, per qualunque mia mancanza verso di loro, e come sovrano e come uomo.

“Voglio che, eccetto le spettanze matrimoniali alla Regina, e gli oggetti preziosi con diamanti al mio primogenito, si facciano della mia eredità dodici uguali porzioni: vadano una alla Regina, e dieci ai miei dieci cari figli. La dodicesima, a disposizione del primogenito, stabilisca messe per l’anima mia, suffragi ai poveri, e restauri e costruzioni di chiese nei paesetti, che ne mancassero, sul continente e in Sicilia.

“I secondogeniti entreranno in possesso, compiuti gli anni trentuno; sino al qual tempo, ancorché fossero coniugati, staranno a spese della Real Casa. Ciascuna quota di secondogenito sarà a vincolo di maggiorato; e ove s’estingua, torni a Casa Reale.

“Delle quattro porzioni delle femmine voglio da ciascuna si tolga il terzo, il resto sia loro proprietà extradotale, con vincolo d’inalienabilità; e se, maritate, finissero senza figli, ritornino a Casa Reale.

“Da tai prelevati quattro terzi, dono ducati ventimila a ciascuno dei miei quattro fratelli, Carlo, Leopoldo, Luigi e France-