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I Criscuolo seguirono a Roma Francesco II. Ed ecco un aneddoto esilarantissimo, che rivela quanta fosse la familiarità tra don Raffaele e i principi, e rivela pure il genere degli scherzi usati nella Corte borbonica. Raffaele abitava un quartierino nel soffitto del palazzo Farnese. Era un dopo pranzo di estate, ed egli, secondo il costume napoletano, s’era messo a letto. I più giovani fratelli del Re allontanarono con un pretesto un cameriere; e, preso un asinelio dalla scuderia, lo portarono nella camera dove Criscuolo riposava; lo trascinarono presso il letto e lo legarono in modo, da costringerlo ad alitare sul volto di lui. Poi si nascosero, aspettando che Raffaele si destasse; nè attesero molto, perchè il vecchio marinaio si svegliò di soprassalto e per primo atto, tra veglia e sonno, lasciò colla mano andare un colpo all’asino. I principi scoppiando in fragorose risa se la battettero, ed allora don Raffaele, buttatosi giù dal letto, fece mostra di prendere una pantofola per inseguirli. Ma non avendo potuto raggiungerli, li caricò di contumelie, e sentendo che anche le principesse ridevano, inveì contro di loro dicendo: “Vì che te fanno ste ciantelluzze; se v’afferro, ve faccio ricordà ’e piresicche che ve reva a Napoli„.1 Il giorno seguente, Francesco II, anche lui a parte della baia, disse a Criscuolo: “Ras, ho saputo che non mi sei più fedele, tu mi nascondi una cosa„. E Criscuolo, fattosi serio in volto, rispose: “Signò, non pazzià accussì„.2 E il Re di rimando: “Ho saputo che jeri hai ricevuto una visita nella tua stanza e non me ne hai informato„ . Don Raffaele capi e sorrise. Rozzo e bonario, egli era abile e coraggioso uomo di mare e non una, ma cento volte, avrebbe data la vita per il suo Re. Lo soprannominavano don Raffaele la lancia, perchè comandante della lancia reale; era cavaliere e direttore delle reali pesche.

Dopo cinquanta ore di viaggio, durante le quali il Tancredi navigò a poca distanza dal Fulminante, alle due pomeridiane, si giunse alla Favorita. Alle tre e mezzo con un treno speciale

  1. V’è che ti fanno queste pettegole: se vi afferro, vi fo ricordare le sculacciate che vi davo a Napoli. Parole che rivelano la troppa familiarità tra il vecchio marinaro e la famiglia reale. Piresicche è un’espressione volgare, che vorrebbe dire in italiano: pere secche, ma che, nel gergo figurato dialettale, vuol dire sculacciate o pizzichi forti.
  2. Signore, non scherzare così.