Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 25 — |
fu più tardi richiamato in servizio nell’amministrazione finanziaria.
L’indomani cominciarono i ricevimenti. Negò l’udienza alla baronessa Eleonora Vercillo, nata De Riso; e poichè questa, mal consigliata, si trattenne in un’anticamera per dare al Re una supplica a favore del fratello Eugenio, gravemente compromesso per 1 fatti del 1848, il Re, vedendosela dinanzi, e saputo chi fosse, la respinse, onde la povera signora fu colta da uno svenimento, e fu necessario portarla via sopra una sedia. Fece grazia al marchese Vitaliano de Riso, il quale, condannato a 25 anni di carcere, vagava per i boschi da quattro anni, e vestito da prete, era giunto a Catanzaro, per presentarsi personalmente al Re. La grazia fu concessa, soprattutto perchè del marchese Vitaliano de Riso s’interessò la simpatica e intelligente sorella di lui, donna Antonuzza, moglie del maggiore Lepiane. Si disse che questa signora avesse fatta una strana dimostrazione liberale, attaccando coccarde tricolori ad alcuni suini di sua proprietà e lanciandoli per le vie di Catanzaro, mentre entravano le truppe regie, reduci dall’Angitola, dove avevano sbaragliate le squadre insurrezionali. Non era vero. Donna Antonuzza, fidanzata nel 1832 al capitano Lepiane dei Cacciatori, molto ben visto dal Re, aveva avuto l’onore di ballare col giovane Sovrano in quell’anno stesso, nel quale egli fece il suo primo viaggio in Calabria.
Il Re concesse anche grazia a 42 condannati fra politici e comuni, i quali, usciti di carcere, improvvisarono una clamorosa dimostrazione in suo onore. Ordinò che fosse arrestato un triste soggetto, certo Giuseppe Calvo, manesco e bestiale, che incuteva paura alle autorità, anzi ne vendeva la protezione e per malo animo maltrattava la moglie crudelmente. Tutta Catanzaro applaudì, ma il credito delle autorità locali non ne guadagnò punto.
Doveva esser ricevuta prima la deputazione di Cotrone, e il maggiordomo, principe di Iaci, chiamò: "La deputazione di Cotrone" — "Nossignore, gridò il Re dalla sala di udienza, quella di Pizzo". Grande sorpresa nell’anticamera. La deputazione della fedelissima città di Pizzo era formata da don Gaetano Alcalà, figliuolo di quell’ottimo agente del duca dell’Infantado, che aveva