Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/406


— 390 —

nu trommone„.1 Circa le 10, i Reali lasciarono Lecce, fra gli applausi della folla, che li accompagnò sin fuori le mura. I cocchi reali furon poi seguiti, per alcune miglia, dalle carrozze della nobiltà leccese. E la via da Lecce a Bari fu un nuovo cammino trionfale. Campi, Trepuzzi, Squinzano, San Pier Vernotico e i paesi vicini avevano innalzati i soliti archi di trionfo con iscrizioni più o meno gonfie; e accanto ad ogni arco si trovavano le rappresentanze municipali, e le guardie urbane con bandiere. Un’iscrizione di Campi diceva: La generazione de’ giusti da Dio benedetta — e la stirpe di San Luigi — non cesserà sino alla fine del mondo — Maria Teresa Regina ornamento del secolo nostro — per la pietà e per la purità della vita — sarà sempre la nostra madre — e la nostra mediatrice di grazie — presso il trono del Real Consorte.

Ma dimostrazioni più clamorose aveva preparate Brindisi. I brindisini eran tutti fuori dell’abitato, con il sindaco Pietro Consiglio, col sottointendente Mastroserio, che, zoppo per cronica infermità, aveva fama di zelantissimo ed era temuto, si diceva, persino dal Sozi Carafa; nonchè i sindaci, decurioni e guardie d’onore del circondario. All’ingresso della città, era stato rizzato un arco di trionfo, sul quale si leggeva questa curiosa epigrafe: Al benamato Sovrano — Restitutore della sua salute — Brindisi riconoscente — de’ suoi figli la vita — consacra. Attorno all’arco stava schierato un battaglione de’ cacciatori, con la banda municipale. I Sovrani si recarono direttamente al duomo, dove furono ricevuti, sotto il baldacchino, dall’arcivescovo monsignor Raffaele Ferrigno, buona e gioviale persona, che per la circostanza aveva indossato il pluviale fin dalle prime ore della mattina e si dava gran moto; dall’arcidiacono Tarantini, dotto uomo, che il Re già conosceva e dal capitolo tutto. Attraversarono l’ampia cattedrale, in mezzo a due fila di seminaristi e di canonici, dietro ai quali stavano soldati e gendarmi, e poi una turba di popolo. Il Re si moveva con difficoltà e sembrava che soffrisse molto. Avvicinatosi al presbiterio, notò, più avanti di tutti, un uomo completamente calvo; nè sapendo spiegarsene la presenza, diè ordine al colonnello Latour di farlo allontanare, chi disse per timore di jettatura, chi di un attentato. Non si seppe mai il nome di quel calvo. Fu fatto allontanare anche Alfonso

  1. Ricevitore son rovinato; mi sento la testa come un trombone.