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verina, facendo sapere a tutti che li avrebbe ricevuti l’indomani: solo trattenne don Pasquale Barletta, presidente della Gran Corte Civile e commissario straordinario per la Sila.

Prima del tramonto uscì a piedi, e si recò a vedere i lavori della strada che si costruiva per Cotrone. Di ritomo, vide illuminata la chiesa dell’Immacolata, dirimpetto all’Intendenza e vi entrò per ricevere la benedizione. La confraternita della chiesa volle ricordare l’augusta visita con una lapide, che tuttora si legge; e poichè l’altra confraternita, detta del Rosario, ingelosita dell’onore che per caso il Re aveva fatto alla chiesa dell’Immacolata, lo acclamò suo priore onorario; quella dell’Immacolata volle a suo priore onorario il duca di Calabria. Le due confraternite erano rivali, anche perchè quella dell’Immacolata si diceva composta di liberali, e l’altra di retrivi.

Il Re tornò a casa fra le acclamazioni della cittadinanza e pranzò col seguito, al quale disse che per la stagione inoltrata aveva deciso, dopo la visita alla Mongiana, imbarcarsi a Pizzo per Napoli. Ordinò infatti che l’artiglieria e la fanteria si raccogliessero fra Monteleone e Pizzo, e la cavalleria tornasse a Napoli, seguendo la via delle Puglie. Fosse prevenzione, paura o abitudine di celar l’animo suo, egli cambiava improvvisamente risoluzioni e ordini; e poichè per mancanza di telegrafi — funzionava imperfettamente sulle coste quello ad asta — non vi era modo di eseguire i suoi contrordini, avvenivano confusioni e n’era vittima egli stesso. Così quella sera disse che non avrebbe proseguito il viaggio per Reggio e Messina, e invece lo compì sino a Catania. L’uomo era fatto cosi, e quell’arrivo precipitoso a Catanzaro fu una vera pazzia voluta da lui, per capriccio. Aggiungerò un particolare. Al punto detto della "Fiumarella„ poco prima di entrare in città, il tenente Partitario della gendarmeria a cavallo, che scortava la carrozza reale, profittando che questa, per la ripidezza della salita, aveva rallentata la corsa, mise il cavallo al galoppo per passare innanzi, ma il Re lo richiamò con queste parole: " Neh! Partità, tu cuorri pe’ porta ’a notizia a Catanzaro; torna al tuo posto„. " Maestà, rispose balbettando il tenente, son costretto a smontare per compiere un piccolo bisogno„; e il Re: "Va bene, ma sbrigati„. Tutti trovarono che le punizioni inflitte al Galdi e al Salerno erano ingiuste, ma il Re fu implacabile. Il Galdi