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lo richiese di un medico. “Ne abbiamo due, Maestà, rispose Sozi Carafa, il D’Arpe e il Leone; di maggior grido e valore il primo, ma vecchio liberale; l’altro più giovane, anche liberale, ma uomo d’ordine„. “Si chiami il secondo„, ordinò la Regina. E fu chiamato il dottor Giuseppe Leone, di famiglia liberale, bel giovane, intelligente e assai stimato nella sua professione. Non vide subito il Re, ma dai sintomi della malattia, che la Regina gli espose, giudicò impossibile la partenza e fu risoluto di non partire. Le rappresentanze, venute per ossequiare i Sovrani, insieme con le rispettive bande musicali, formavano una folla, che assordava la città con grida ed evviva e occupavano tutto l’atrio dell’Intendenza e la spianata tra il palazzo e la villa. Nella giornata il Re si aggravò di più, nè migliorò durante la notte tanto da tener desto tutto il palazzo. Era cresciuta la febbre, sentiva una gravezza al capo e un peso allo stomaco; diventati più tormentosi i dolori ai lombi. La mattina seguente, 16, volle di suo capo cavarsi sangue. Fu mandato a chiamare il miglior flebotomo di Lecce che tuttora vive, don Antonio Marotta.

Il Marotta, sorpreso dell’invito, che ebbe da un gendarme, corse all’Intendenza. Il primo che vide fu Sozi Carafa, il quale per dargli coraggio gli disse: “Marotta, come salassi me, salassa Sua Maestà„. Indi entrò nella camera del Re, dove già stavano la Regina e il dottor Leone. All’inchino del Marotta, Ferdinando II rispose: Bongiorno, masto„, e si levò a sedere sul letto, rimboccando la manica destra della camicia da notte, una camicia a righe bianche e azzurre. Poi entrarono i tre principi che gli baciarono la mano, dicendo: “Buon giorno, papà; come state?„, e si allinearono come tre soldati accanto al letto. Ferdinando II chiese al Marotta se avesse portata una lancetta nuova, e poichè quegli rispose di no, volle che lavasse quella, che aveva, accuratamente. Allora entrarono i servi con tutto l’occorrente per il salasso. Il Re scese dal letto, si avvicinò alle immagini che stavano sopra il cassettone e, inchinato il capo, si unse la fronte con l’olio delle lampade che ardevano avanti ad esse. Il Marotta compì, con molta cura, il suo ufficio e al primo zampillo di sangue, un sangue di color rosso cupo, quasi nero, gridò: “Salute, Maestà„ . Due servi in ginocchio reggevano la catinella. Compiuto il salasso, il Re chiese: “Quanto me n’avite