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attendevano monsignor Rotondo, arcivescovo di Taranto, monsignor Margarita, vescovo di Oria, e tutte le dignità capitolari, suo primo atto fu di punire con gli arresti in fortezza il comandante dello squadrone di cavalleria, perchè i cavalli erano quasi sfiniti dalla stanchezza. E al figlio del comandante, che tentò intercedere per il padre, rispose parole severe. Il Re era di pessimo umore. Appena scese di carrozza, il comandante del castello gliene presentò le chiavi, sopra un cuscino di velluto. Il Re le respinse, dicendo: “Stanno bene affidate„; ed avendogli il comandante chiesto se si dovessero fare le salve d’onore, il Re rispose: “Fate tutto quello che mi spetta„. E così il cannone cominciò a tuonare. Prima che il comandante s’allontanasse, Ferdinando gli chiese, sorridendo: “Che fanno ’e fratielli? Ce stanno fratielli a Taranto?„1 Egli chiamava con questo nome i liberali, e specialmente i repubblicani. Il comandante lo rassicurò, dicendogli essere Taranto città tranquilla e fedele.
Sull’episcopio salirono soltanto la Regina e i principi; il Re andò invece a vedere la batteria Carducci, allora in costruzione. Rimproverò la lentezza dei lavori; disse che si era speso troppo, e usci in queste parole: “Se se mettessero ’e pezze che se so spese, una ’n coppa all’alta, se farìa na torre chiù alta ’e chesta ccà„.2 Poi si recò, con la Regina e i principi, nella cattedrale, dove fu cantato un Te Deum. Dappertutto lo seguiva una fitta calca di popolo; le vie, che egli attraversava, erano riccamente addobbate, ne avevano fine gli applausi e le acclamazioni. Dalla cattedrale si andò di nuovo all’arcivescovado, dove monsignor Rotondo aveva fatto preparare un lauto pranzo, ma il Re, la Regina e i principi non vollero accettar nulla, e all’arcivescovo, che insisteva perchè sedessero a tavola, Ferdinando II rispose che preferiva che gli si fosse apprestata qualche cosa in una cesta, per mangiarne lungo la strada. Osservando l’ampiezza delle sale dell’episcopio, disse iperbolicamente al vescovo, ch’egli aveva un palazzo più vasto della Reggia di Caserta. Al sottointendente De Monaco, il Re ordinò che si nettasse il porto e si riaprissero la salina e la salinella di San Giorgio: due