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figura del vero Re, immagine di Dio in terra, e poiché tutte le virtù, che debbono adornare un Re, egli rinveniva, in grado eminente, in Ferdinando II, la cui gloria è esaltata dalle prime intelligenze europee, così chiudeva la sua conclone: “Sì, o Sire, d’oggi innanzi pregheremo ancor più; e pregheremo Dio che vi conservi lunga serie di anni alla sua Divina gloria, all’amore de’ vostri popoli, che vi amano, e vi amano di cuore, ed alle delizie della Vostra Famiglia. Pregheremo che tenga lungi da voi ogni generazione di amarezze: che vi dia giorni sereni e tranquilli, e che compia ogni vostro desiderio, ch’essendo desiderio di padre, e di padre il più pio, il più giusto, il più te nero de’ suoi figli, non può non essere accetto e caro a lui, Re dei Re, Sole di giustizia, Padre primo dei popoli tutti della terra. Pregheremo infine che vi colmi di ogni maniera di grazie con cotesta fulgidissima Stella che allato vi splende, esempio anch’Ella di virtù preclarissimo, e col principe ereditario, erede veramente dell'ingegno e della pietà, della giustizia e degli altri pregi di mente e di cuore del padre, e cogli altri Reali principi e principesse„. Dopo il sermone, che il Re ascoltò in piedi sulla soglia, preceduti da monsignor Falconi, gli augusti viaggiatori entrarono nella chiesa, prendendo posto presso l’aitar maggiore. Dopo il canto del Domine salvum fac regem, l’arciprete invitò il Re a prender possesso dello stallo canonicale che, come prima dignità del capitolo, gli spettava nelle chiese palatine. Compiuta la cerimonia del possesso, la famiglia reale si recò ad ascoltare la messa, detta dallo stesso prelato nella cappella della Vergine delle Grazie.
I Sovrani ed i principi furono ai presenti modello di devozione. Finita la messa, uscirono dalla chiesa. Alla porta si trovavano pronte le carrozze, attorno alle quali erano i sessanta bambini, che li avevano ricevuti all’arrivo, nello stesso costume e cogli stessi rami d’ulivo. Prima di salire in vettura, il Re si fermò dinanzi alla chiesa, rivolgendo al prelato varie domande sulla sua architettura. Si parti alle 11 per Gioia, in mezzo alle acclamazioni del popolo. Le autorità accompagnarono i Sovrani sino a Gioia. All’ingresso di questo grosso comune, era stato innalzato un grande arco trionfale, sormontato da epigrafe esprimente che i gioiesi, con sensi di devoto e figliale attaccamento — esultanti — imploravano lunghi e sereni giorni