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di Coraci, dove una divisione delle truppe l’aveva preceduto, e dove un’altra divisione lo raggiunse. Anche Coraci fu doppia tappa, ed egli vi fece eseguire alcuno evoluzioni. Vi ricevette l’intendente Galdi, che gli era andato incontro al confine della provincia, il comandante generale Salerno e le altre autorità. Con l’intendente si mostrò assai freddo. Egli conosceva la vita intima dei suoi funzionarii, e contro il Galdi era mal prevenuto; raccoglieva volentieri pettegolezzi e maldicenze e, all’occorrenza, se ne serviva senza dignità di Re. Licenziando quei funzionarii, disse loro che li avrebbe riveduti a Catanzaro l’indomani, e quelli partirono, dopo aver presi con lo stato maggiore gli accordi circa il ricevimento in quella città, dove si calcolò che il Re non potesse arrivare prima delle 4 pom. Alle 3 antimeridiane del giorno 11, egli mosse a cavallo alla volta di Tiriolo, seguito dalle truppe. Era notte fitta. A Soveria udi la messa, e giunto a Tiriolo, non vi si fermò che per montare in vettura, ordinando ai postiglioni di sferzare i cavalli.

A Catanzaro si erano fatti apparecchi sontuosi per il ricevimento e il pranzo, e di questo aveva avuto incarico il giovane Leonardo Larussa, figlio dell’avvocato don Ignazio, che era stato deputato nel 1848, e morì poi consigliere di Cassazione e senatore del Regno d’Italia. Furono elevati per la circostanza parecchi archi trionfali con ampollose epigrafi. Eccone un saggio:

Viva Ferdinando II, il più clemente dei Re;


e quest’altra:

Sei Grande, sei Pio, sei Padre, sei Re!
La gloria, la fama non muore con Te!

Essendo recenti i ricordi del 1848 con le relative condanne, molti speravano grazie dal Re, preceduto dalla voce che compiva quel viaggio per rendersi conto dei bisogni del Regno, e per riparare con la clemenza ai rigori dei giudici. Le autorità avevano stabilito di ritrovarsi alle due all’Intendenza; i magistrati avevano mandate le toghe e i cappelli a canalone in casa del procuratore generale Altimari, per vestirsi tutti insieme. Cittadini e funzionarii pregustavano la gioia di rivedere il Re in ora così comoda, dopo aver desinato e dormito.