Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/368


— 352 —

gabinetti del prefetto e del suo segretario. Su uno dei terrazzini di quel palazzo, sporgenti sul corso, che ora s’intitola Vittorio Emanuele, e allora si chiamava via dei Pioppi, Ferdinando II, quattro anni prima, sull’imbrunire di una splendida giornata estiva, prendeva un gelato conversando con vari personaggi. Scorgendo sulla via alcune signore, che passavano in carrozza sventolando i fazzoletti, il Re si sporse per salutarle, e nel fare quell’atto, gli scappò di mano il cucchiaino d’oro che cadde sulla strada. Era a guardia del portone un vecchio caporale di gendarmeria, Antonio Tamburrino, noto al Re. Ferdinando II, temendo che il cucchiaino venisse rubato, gli gridò dal balcone: " Tamburrì, Tamburrì: piglia sto cucchiarino, primma che i guagliuni ’o fanno volà„.1 Questa volta però i balconi erano ermeticamente chiusi per la tramontana, che soffiava, gelida e tagliente, e il Re, in cambio del gelato, prese una bibita calda, poi assistette alla presentazione delle autorità che gli venne fatta dall’intendente, con teatralità e lusso di aggettivi. La Regina fu ricevuta dalla signora Mirabelli e dalla gentile figliuola.


Don Pasquale Mirabelli Centurione era mezzo calabrese e mezzo basilisco, e da circa dieci anni governava quella provincia. Fedelissimo al Re, cui doveva l’elevato posto, per la simpatia ispiratagli dai suoi modi di attore da arena e dal suo spirito rozzo, ma non senza qualche acume, egli, nativo di Amantea, vi era stato sindaco e poi sottointendente, dalla quale ultima carica fu destituito durante il periodo costituzionale del 1848. La gesticolazione teatrale e l’enfasi calabrese erano gran parte della sua natura, ed egli, anzichè temperarle, le esagerava simulando sensi feroci, mentre in fondo aveva indole non cattiva, tranne coi liberali. Per questi perdeva addirittura la testa. Erano nemici del Re, e tanto bastava, perchè egli si potesse permettere ogni nequizia a loro danno, come fece con Poerio, Castromediano, Schiavoni, Braico, Pica, Nisco e gli altri condannati politici, rinchiusi nelle galere di Montefusco. Il suo governo fu demoralizzatore per necessità degli eventi e per la quasi assoluta assenza di carattere. Certo la dignità umana non deve molta

  1. Tamburrino, Tamburrino, raccogli questo cucchiaino, prima che i ragazzi lo facciano volare.