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Messina riebbe da Ferdinando II, nel 1838, la sua Università, che le era stata tolta due secoli prima dal vicerè, conte di San Stefano. Tranne la facoltà di matematica, pur non interamente completa, le altre facoltà, come si è detto, mancavano di insegnamenti anche principali, e il numero degli studenti era molto esiguo. Ne fu rettore fino al 1864 Luigi Bruno, che insegnava logica e metafisica; e, morto lui, gli successe il parroco Gaetano Messina, il quale insegnava teologia dommatica ed era uomo di soda cultura. Nella facoltà di lettere ricordo Giovanni Saccano, studioso della Divina Commedia e latinista insigne. Insegnava eloquenza don Mauro Granata, cassinese, purista e autore di un dizionario dantesco. Morì nei primi mesi del 1860, non essendosi mai riavuto dallo spavento, che provò nel giugno del 1859, quando, leggendo nel duomo l’elogio funebre di Ferdinando II, vi scoppiò una bomba con grande fracasso. Insegnava letteratura italiana Felice Bisazza, poeta ispirato forse più che qualunque altro isolano suo contemporaneo, e filosofia l’ontologo Catara-Lettieri. La cattedra d’incisione fu tenuta interrottamente da Tommaso Aloysio Iuvara, che creò allievi come il Di Bartolo, Micali e quel Saro Cucinotta, intimo amico di Vittorio Imbriani e mio, ucciso dai Versagliesi nel 1871, a Parigi, essendo stato guardia mobile per forza, durante la Comune. L’insegnamento della pittura e del disegno fu affidato sino al 1848 a Letterio Subba, artista d’ingegno vasto e multiforme. Ma avendo preso molta parte alla rivoluzione, fu destituito e gli successe Michele Panebianco, pittore e disegnatore distinto, il quale creò una scuola di valorosi alunni. Nel concorso fatto nel 1852 per il sipario del teatro di Santa Elisabetta, ora Vittorio Emanuele, vinse egli il premio col bozzetto, che si disse suggeritogli dal principe di Satriano, allusivo alle vicende del 1848: "Gerone, che concede la pace ai Cartaginesi, a patto di non sacrificar vittime umane„.

Negli ultimi anni occupava la cattedra di estetica Riccardo Mitchell, poeta vigoroso, galantuomo a tutta prova, cognato al Bisazza, ma da lui, che era ultra-borbonico, assai discordante; amico del principe di Galati, intimo di don Lionardo Vigo di Acireale e traduttore di Teocrito. La facoltà di medicina era, dopo quella di matematica, la meno incompleta; e tra gli insegnanti avevano maggior fama il Coco, naturalista ittiologo che insegnava materia medica; il Minà, professore di