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dati, poco avvezzi a lunghe marcie, vi fosse una doppia tappa ogni tante miglia. Giunse a Castrovillari il 4 ottobre e andò nella Sottointendenza, rifiutando l’ospitalità del marchese Gallo, nipote del Nunziante, alle insistenze del quale rispose: "Mi son proposto di non fare eccezione d’ora innanzi, neanche se incontrassi per via la casa di un mio fratello„. A Castrovillari, ricorrendo l’onomastico del principe ereditario, le accoglienze furono stranamente clamorose, e molti gli archi di trionfo, gli arazzi e le bandiere. Il dì seguente, parti per Spezzano Albanese, dove per alloggio non trovò che la misera casa del giudice regio. La mattina del 6, parti per Cosenza fra le acclamazioni degli abitanti della valle del Crati, accorsi da ogni parte a fargli omaggio. Benchè la tappa fosse piuttosto lunga, giunse a Cosenza verso il tramonto, e le accoglienze furono anche colà entusiastiche. Ma non vi si fermò, proseguendo per il prossimo casale Donnici, dove passò la notte in una rozza casa di campagna, appartenente all’avvocato Orlandi e tenuta in fitto da un tale Parise, di San Stefano, fabbricante di cera, che poi divenne fastidioso pretendente di compensi, e al cui figlio, prete, il Re concesse un assegno sulla badia di San Lucido. Oggi quella casa, rifatta completamente, appartiene alla famiglia Bombini.

La dimane, 7, tornò a Cosenza, che percorse senza scorte, nè battistrada, fra nuove e più calde acclamazioni. Salito sul palazzo dell’Intendenza, fu chiamato al balcone dalle grida popolari, e vi comparve. Dette larghe udienze, fece delle grazie, largì dei sussidii e assistette la sera alla grande illuminazione, mostrando di gradir molto un enorme trasparente, che rappresentava la Calabria in atto di fargli omaggio.

Il Re ebbe in questo viaggio un contegno addirittura stravagante: fu più volte scortese senza necessità; capriccioso, mordace, caparbio e diffidente sempre; trovò facili pretesti per motteggiare sulle cose del 1848 e rimproverare in pubblico le autorità, ritenute sospette politicamente. Ne diè una prova a Cosenza, quando i giudici della Corte Criminale, in grande toga, con a capo il loro presidente Luigi Corapi, si recarono ad ossequiarlo. La Corte di Cosenza, specie il suo presidente, non erano nelle grazie del Re, il quale attribuiva al Corapi la sentenza venuta fuori, proprio in quei giorni, con la quale era messo in