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di quattordici anni prima, aveva abitato l’imperatore Nicola con l’imperatrice Alessandra e la figlia, la bellissima arciduchessa Olga ed egli stesso, Costantino, appena diciottenne. La Corte russa andò a Palermo nell’ottobre del 1845, per curare una malattia dell’Imperatrice, vi restò quarantadue giorni e fu visitata dal Re e dai principi reali, onorata e festeggiata in prosa e in versi. Giuseppina Turrisi Colonna, non ancora divenuta principessa di Galati, indirizzò alla bella e interessante Olga inspirate ottave, e scrittori coraggiosi, come il giovane principe di Scordia, misero insieme una pubblicazione commemorativa, dal titolo l’Olivuzza, tutta piena di allusioni sullo stato della Sicilia. Si ricordava pure che in quell’occasione erano state scelte le più belle fanciulle di Palermo, dai dieci ai dodici anni, ad eseguire dinanzi alla Corte russa il ballo nazionale, la tarantella, e la ballarono le due Starrabba di Rudinì, Caterina e Stefanina; la Monroy, attuale principessa Alcontres di Messina; l’Elisabetta Niscemi, maritata poi al marchese Ugo; l’Agatina Villarosa, divenuta baronessa Piccolo e l’Eleonora Trigona di Sant’Elia, presente principessa di Giardinelli.

Questo granduca russo mise a dura prova tutta la pazienza di Castelcicala e di Maniscalco per il suo contegno stravagante, anzi scorretto. Viaggiava con gran seguito e cinque navi da guerra, e pretendeva entrare nel porto di Palermo a capo della sua flotta. Il luogotenente non lo permise, e Costantino dovè sottostare all’ordine di entrare con due navi soltanto, mandando le altre a Castellamare. Questo lo irritò, perchè seppe che l’ordine era venuto da Napoli. Aveva dei cani mastini che incutevano terrore e chiese anche un orso, ma gli fu risposto che nelle foreste della Sicilia non vi erano orsi. Assunse un contegno addirittura irriverente verso la persona del Re. Chiedeva notizie della salute di lui, ma solo per contraddirle, rispondendo: Ce n’est pas vrai, il est mori, je vous l’assure: le roi est mort. Manifestò un’incredibile crudeltà, infliggendo a quattro suoi marinari pene bestiali. Ne fece legare quattro rei di ubriachezza, e ordinò che così legati fossero per quattro volte costretti a girare sotto la carena della nave ammiraglia. Morirono tutti e quattro. Castelcicala andò in gran pompa a visitarlo, ma appena il granduca cominciò a dir male del Re, si levò e con inglese cortesia gli chiese il permesso di ritirarsi. Per non mancargli di