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tarii, il generale e il perpetuo, ponevano il posto a disposizione dei principi reali o di altri personaggi, specialmente ecclesiastici, i quali avevano trasformato l’Accademia Ercolanense quasi in un capitolo di canonici. Si mantenevano costantemente vuoti alcuni posti, per riparare al dissipamento dei fondi. Sarebbe di certo un’imprudenza il pubblicare le caratteristiche di alcuni accademici, le ragioni delle nomine loro e i giudizi, che su di essi portava l’Imbriani, esagerati forse per alcuni, ma giusti per altri. Per ricordare le più lievi, al colonnello D’Agostino, segretario particolare del Re, egli rimproverava di non aver mai pagato i sei carlini da lui perduti in casa di don Michele Fabiani, dove usava andare ogni sera a giocare il tresette. Di Domenico Spinelli, altro accademico, riferiva aver detto un giorno nella sala delle adunanze, che se Ferdinando II gli avesse comandato di scopare le scale di Palazzo e le regie stalle, egli avrebbe adempiuto il sovrano comando con la faccia per terra; e Bernardo Quaranta era dipinto come il più untuoso adulatore del suo tempo, che ai preti baciava la mano, ai canonici faceva un profondo inchino, ai vescovi andava incontro con la testa piegata, dinanzi ai principi s’inginocchiava e dinanzi al Re si prostrava lungo per terra. Si aggiungeva in lui, a dire dell’Imbriani, un’avidità insaziabile, per cui cumulava parecchi uffici, tanto che il Santangelo diceva, che se il boja fosse morto, il Quaranta avrebbe chiesto di succedergli. La nomina di Raffaele Napoli si affermava dovuta al D’Agostino; quella di Gaetano Barbati all’aver egli compilato il processo di canonizzazione di Maria Cristina e alla benevolenza del Re, e quella del canonico Scherillo all’aver educato il figlio del ministro Murena. Insomma, fu un’infinità di abusi e di favoritismi e un po’ anche di pettegolezzi, che l’Imbriani mise in luce, ma che del resto, più o meno, accadono in ogni tempo e in tutte le Accademie del mondo.
La Pontaniana e l’Accademia medico-chirurgica, di cui era presidente il Lucarelli e vicepresidente Felice de Renzis, lavoravano con maggior frutto. L’Accademia medica fu riformata dal Re nel luglio 1868, ebbe il titolo di Reale e buon numero di soci.
Più attiva di tutte, la Pontaniana raccoglieva quanto allora vi era di più eletto in Napoli per ingegno e cultura. Non man-