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Le Accademie più illustri erano la Società Reale e la Pontaniana. Bozzelli presedeva la Reale e il marchese di Pietracatella la Pontaniana. L’Accademia Reale, fondata da Giuseppe Napoleone, si chiamò nell’ottobre del 1816 Società Reale Borbonica, e fa divisa in tre Accademie speciali: una di archeologia, l’altra di scienze, la terza di belle arti. Aveva settanta soci: venti per la prima, trenta per la seconda, dieci per la terza. Fino al 1848 la Società Reale dipese amministrativamente dal ministero dell’interno, e solo nel 1848 passò alla dipendenza di quello dell’istruzione, quando, su proposta del ministro Paolo Emilio Imbriani, Ferdinando II ne nominò presidente perpetuo il Bozzelli, che vi rimase sino al 1861, con un assegno personale di 2000 ducati all’anno. Le rendite annuali della Società ammontavano a circa sedicimila ducati. Malgrado però il gran numero de' suoi soci ordinari, onorari e corrispondenti, nazionali e stranieri, non si può dire che la scienza e la cultura ricevessero un grande incremento. Vi appartenevano uomini illustri nel campo delle lettere, delle scienze e dell’arte, ma vi apparteneva pure una turba di ignoti, la cui presenza non era punto giustificata. Carlo Troja non fu mai accademico, ma lo erano monsignor Apuzzo e monsignor Cocle i ministri e alti dignitari dello Stato e della Corte, quasi tutti spostati in un consesso di persone dotte. La nomina accademica alle volte era dovuta ad una lettera dedicatoria, a commendatizie di eccelsi personaggi, o a benemerenze politiche, mentre ne eran tenuti fuori scienziati di valore, come il Pilla, il Ferrarese, il Gasparrini e Giuseppe Fiorelli. Qual meraviglia che l’opera della Società Reale fosse così sterile? Nell’ultimo mezzo secolo l’Accademia delle scienze non aveva pubblicati che cinque volumi dei suoi atti. Tutto ciò fu messo in luce nell’aprile del 1861, da Paolo Emilio Imbriani in una violenta relazione, da lui scritta e che precede il decreto del 30 aprile di quell’anno, col quale il principe di Carignano, luogotenente, sciolse l’Accademia. Tal fatto suscitò un vespaio. Ricciardi e Romano ne mossero interpellanza alla Camera in Torino: quello stesso Ricciardi che nel 1834 aveva inveito nel giornale Il Progresso contro la Società Reale.

Ho potuto avere in mano gli appunti che servirono all’Imbriani per la sua relazione. Vi sono rivelazioni curiose. Dovendosi nominare un socio, il presidente Bozzelli e i due segre-