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rini, civilista e penalista, Luigi Capuano e Luigi Landolfì, gran raccoglitore di notizie sugli avvocati napoletani, Francesco Saverio Arabia, Gherardo Pugnetti, che insegnava diritto romano all’Università e don Guido Guidi. In fatto di quistioni demaniali, avevano fama Michele Giacchi, Raffaele Gigante ed Enrico Cenni, e nelle cause commerciali primeggiavano Tito Cacace ed Enrico Castellano. Molti di questi brillarono dopo il 1860 negli uffizi pubblici; altri morirono prima del 1860; altri tennero fede al vecchio regime: nel complesso il ceto degli avvocati non rappresentava, politicamente, nulla di particolare e, tranne pochi, gli altri amavano il quieto vivere e avevano una paura maledetta della polizia. La loro cultura giuridica era grande, s’intende nei migliori, ma deficiente in ogni altro ramo. Conoscevano il latino, pochissimi, il francese; di scienze politiche e sociali quasi neppur l’abbicì, e la storia era in essi o una reminiscenza della sacra o della romana, così come le avevano apprese nelle scuole, o memoria di fatti ai quali avevano assistito. Il sentimento municipale era comune a tutti; e poichè non avevano veduto altri paesi, essendo il viaggiare allora ben difficile, credevano in buona fede che Napoli fosse l’alfa e l’omega d’ogni bellezza e d’ogni civiltà. L’Italia per essi finiva al Tronto. In casa Starace si raccoglieva il fiore della borghesia e la frequentavano non pochi aristocratici, clienti dell’insigne avvocato; una difesa del Marini Serra era un avvenimento oratorio; un’arringa o un’allegazione di don Antonio Starace, di don Teodorico Cacace e di don Vincenzo Villari, erano argomento de’ pubblici parlari, e quando si discutevano celebri cause in Cassazione o alla Corte Criminale, vi si andava come a pubblico spettacolo. Molti ricordano il Marini Serra, col suo faccione nudo di peli. Egli entrava nelle sale di Castelcapuano con le braccia infilate a quelle di due suoi giovani di studio, offrendo le guancie per farsele baciare dagli amici e dagli ammiratori, perchè un’altra caratteristica degli avvocati di allora ed anche de’ napoletani in generale, era quella di dare e ricevere baci: abitudine che i nuovi tempi hanno un po’ corretta, ma non distrutta.


Malgrado gli epigrammi e le caricature, la crinolina regnò sovrana nella moda in quegli anni. I giornalisti, i poeti dialettali, i comici Altavilla e Petito, come si è visto, non la la-