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veglione al Fondo, Niocola Petra in maschera, accostandosi a Vito Nunziante, tenente degli usseri, gli scaraventò sul viso queste parole: ^Sette sono i peccati mortali, sette furono le piaglie d’Egitto e sette sono i fratelli Nunziante„ . E uditosi rispondere che egli non avrebbe osato ripetere quelle parole a viso scoperto, il Petra si levò la maschera e ne segui uno scambia d’impertinenze, una sfida e infine un duello, nel quale il Petra ferì l’avversario. Egli ebbe per padrino Cesare di Gaeta tenente di artiglieria, che poi divenne suo cognato.
Il ceto che esercitava una vera influenza sopra tutte le classi sociali del Regno, era quello degli avvocati. A Napoli si nasce avvocati. L’acuta penetrazione, il vivace talento, la mutabilità delle impressioni, la facilità della favella e la passione della lite sono requisiti intrinseci delle popolazioni meridionali, per cui in nessun paese del mondo fu mai così numerosa la classe degli avvocati, la quale perfeziona le qualità naturali con lo studio del diritto e l’arte del cavillo. E poichè Napoli è la città dei contrasti, anche il ceto degli avvocati rappresentava questi contrasti, anzi in grado superlativo. Accanto ai sommi, per i quali il diritto era religione e passione e l’integrità norma della vita civile, pullulava una plebe di paglietti, loquaci, romorosi, difensori di ogni causa per amore del compenso, e per i quali era abilità mutare il bianco in nero e il giorno in notte, La facondia inesauribile era la grande arma; tutto si tentava con essa di sostenere, anzi più manifesto appariva il torto, e tanto maggiore doveva parere il valore oratorio dell’avvocato. Nell’ordine morale e nel politico l’influenza dei paglietti fu perniciosa a Napoli in ogni tempo, poichè non portando essi nelle cose umane un’opinione equanime, decisa e costante, non vedendole nel loro insieme ma solo fermandosi sui particolari, infiniti erano i cavilli, che, colla loro parlantina si studiavano di mettere in opera, imbrogliando così le teste e stancando la gente. Ferdinando II aveva un’invincibile antipatia per gli avvocati, e poichè non aveva ingegno atto a distinguere, li confondeva in un solo sentimento di disprezzo e li chiamava tutti paglietti, attribuendo alle loro ciarle e alle loro esagerazioni i fatti del 1848. E forse non aveva torto; anzi il Settembrini che scrisse nell’ergastolo di Santo Stefano le Ricordanze della sua vita, si trovò d’accordo