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storia, si riaprì ai balli, ai conviti e ai grandi ricevimenti. Gli onori erano fatti dalle bellissime figliuole del luogotenente, ma soprattutto dalla duchessa Teresa Ravaschieri, nel fiore della bellezza e della gioventù, e vi andava talvolta da Napoli o da Parigi il figliuolo Gaetano, bel giovane, à bonne fortune. Il principe riceveva con magnificenza regale. Usciva ordinariamente in grande uniforme, facendo circondare la carrozza da un drappello di dragoni, e qualche volta distribuendo carinelli (moneta d’argento di 42 centesimi) alla poveraglia, che si affollava al suo passaggio. Ristabilì tutto il cerimoniale della Corte di Spagna col relativo baciamano, e nel giorno della festa del Re si vedevano andare in giro i caratteristici carrozzoni con le sfarzose livree. A capo delle milizie prendeva parte alle processioni celebri di Palermo, in mezzo al suo stato maggiore. In ufficio indossava la divisa, anzi ordinò che tutti gli impiegati regi dovessero portar l’uniforme. Mi si narra che don Antonino Scibona, a cui voleva gran bene, disapprovasse tale ordine, osservando non esser giusto obbligare gl’impiegati, quasi tutti povera gente, a questa spesa. Il principe, trovando giusta l’osservazione, non revocò l’ordine, ma dispose che le uniformi fossero messe a carico dell’erario e venissero indossate nelle occasioni ufficiali.
Molto era il suo prestigio. Figlio di Gaetano Filangieri; soldato di Napoleone; uccisore in duello del generale Franceschi, perchè sparlava dei napoletani; crivellato di ferite al ponte San Giorgio nella disgraziata campagna di Murat contro gli austriaci; imparentato con quanto di più alto contava la nobiltà dell’Isola, poichè la principessa di Satriano nasceva Moncada di Paternò; dotato di una inflessibile energia, di cui aveva dato prova durante la campagna: tutto concorreva ad aumentare questo prestigio. Egli seguiva fedelmente la massima napoleonica: messo a governare un paese ribelle, doveva innanzi tutto farsi temere; possibilmente, farsi amare; doveva togliere via via con la forza e col tatto, le cause, le occasioni e perfino i pretesti di ogni tentativo di rivolta. E vi riuscì. Quasi tutto il patriziato fu riconquistato alla causa dei Borboni. Le feste alla Reggia ricordarono quelle di altri tempi, e fece venire da Parigi un cuoco, certo Charles, che ebbe celebrità e fu invidiato dai maggiori signori di Palermo.