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erano, con combinazioni infinite, messi in movimento. Compari numerosi e commessi seguivano i sensali più in vista, notati e sospettati quale fosse sostenuto, quale combattuto da De Martino o da Perfetti. Era un tal Noviello, il primo sensale di Perfetti; ma don Nicola Stella e Savini, detto California, Porzio, Ricciardi, Imperato, Amendola, i fratelli di Pompeo ed altri componevano lo stato maggiore, che le operazioni del Perfètti accompagnavano con le proprie. De Martino aveva Vincenzo Mollo, quel Luigi Sgrugli, simpatico a tutti ed il romoroso Vincenzo Russo, cambiavalute a San Giacomo con grandi capitali; e con questi speculatori non meno potenti che arditi, combattevasi, sperando che una liquidazione o l’altra s’avesse a fare a dieci carlini il tomolo, e che i pugliesi ne dovessero fallire. Ricordo anche fra le case commerciali quella dei Fratelli Rogers, inglesi, i quali negoziavano molto in cambii, in rendite e anche in grani ed olii.

Ma l’Impero in Francia, con la sua politica doganale, favoriva lo sviluppo industriale; i traffici aumentavano, stimolando, con l’aumentato lavoro, l’incremento della popolazione e de’ consumi: i grani seguivano, come gli altri articoli, questo moto, e quello non meno efficace dell’arrivo in Europa delle masse del nuovo oro dalla California. Perciò era facile prevedere che ogni nuova lotta era una sconfitta per i ribassisti ed il loro capo; quantunque questi avesse trovato nel suo associato, Federico Pavoncelli, una nuova forza ed un uomo capace di riprendere la situazione in Puglia ed abbattere l’influenza di Perfetti, migliorare le qualità dei grani, coordinare il lavoro, e fare brillantemente la campagna del 1856, quando fu concessa l’esportazione dei grani, non creduta possibile da De Martino, il quale si trovò ribassista, e solo a sostenere l’urto di seicentomila tomoli di grano, da consegnare in pochi mesi. Perfetti mori nell’autunno del 1857. Nella primavera del 1856 manovrò con tanta abilità, da indurre il suo rivale De Martino a vendergli molti e molti grani, per consegna alla nuova raccolta, a prezzi di lire 1,65 e 1,70 il tomolo. Quando venne l’agosto, il grano valeva 2,10 e 2,20 ond’egli fece un grossissimo guadagno.

Federico Pavoncelli, rimasto arbitro del mercato dei grani nel 1860 e negli anni posteriori, mori vecchio, lasciando una cospicua sostanza. Uomo di talento commerciale non comune, egli